KOS, DODECANESO, MEDITERRANEO, EUROPA MERIDIONALE (Parte prima)

Il sole, forte e accecante, e il vino bianco fresco, non favoriscono il pensiero sistematico. Questo articolo sarà pertanto la somma di alcuni frammenti, poco più di “tweet”. Buona lettura.

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Non ho volutamente collocato l’isola di Kos in Grecia: non lo è più. E’ ormai un sito extraterritoriale, che definirei meglio come “Europa meridionale”: una “clone island”, come tante località costiere del Mediterraneo. Spagna continentale e insulare, Grecia insulare, Turchia, Egitto, sono colonizzate nei mesi caldi da torme di nord-europei, a cui offrono pub olandesi, inglesi; locali che servono “aperitivi come in Italia”, musica rock e chill-out; ristoranti cinesi, giapponesi, messicani; pizza, spaghetti; caipirinha e mojito. E spiagge, ombrelloni, disco-bar, villaggi “all inclusive”. Nella preistoria del turismo di massa nacquero i Club Mediterranée, territori franchi in riva al mare nostrum; ora, nell’epoca dei voli low cost, si è fatto un passo avanti. Intere isole, o tratti di costa, sono ormai spogliate della loro storia, e appaltate al turismo nord-europeo: Palma di Maiorca come Paros, Antalya come Hurghada oppure Sharm-el Sheikh, Eilat come Tossa de Mar.

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La lingua che si parla correntemente a Kos, tra turisti, oppure con gli esercenti locali, è un basic english, senza alcun tentativo di apprendere qualche termine in greco moderno, o leggerne le insegne. Che peraltro, in cittadine di nuova concezione, votate esclusivamente al turismo, sono solamente in inglese. A questa lingua elementare corrisponde una vita “basic”: mangiare, nuotare, dormire (poco), scopare. Grecia o Spagna, purché se magna.

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L’Italia è fortunatamente al di fuori di questi circuiti. La costa romagnola, dopo aver inventato il turismo di massa mediterraneo, e dopo aver sacrificato la propria identità a tedeschi, svedesi e olandesi, ne è stata abbandonata. Ora le rimangono, oltre gli italiani, i turisti dell’est, che peraltro già si stanno muovendo verso Grecia e Turchia.

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Quanto è greco, a Kos, Mikonos, Santorini, Paros, Rodi, è ormai una citazione, una messa in scena: l’autentica taverna greca rivendicata dai proprietari (dove si possono gustare calamari o gamberetti congelati) oppure il patrimonio culturale, divenuto extraterritoriale de facto -i tanti reperti ospitati dai musei europei- o de iure –i monumenti restaurati con i denari comunitari. Del resto, ai giovani nord-europei la storia non interessa; basta la geografia: il sole, il mare e i locali notturni. Ibiza e Mikonos pari sono.

[1- continua]

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