Ponte è un termine multisemico, che rimanda via via a luoghi della storia, non luoghi odierni, moti dell’anima e archi temporali sospesi.
In tempi passati i ponti erano spazio di incontro e di scambio, di genti e merci, e laddove frontiera, anche luogo di scontro: i ponti (sulla Drina, sul fiume Kwai, a Mostar) sono spesso presenti nelle mitologie belliche. Oggi i ponti non travalicano solo fiumi, ma più spesso ferrovie, strade e autostrade, e sono diventati (non) luoghi di semplice transito.
Il ponte è anche un luogo dell’anima: si gettano ponti fra culture, persone, gruppi, “altri”; purtroppo si tagliano anche i ponti verso chi non si intende più frequentare.
Il ponte è anche una metafora temporale, un topos del turismo di massa: sul percorso che unisce due festività transitano milioni di persone in cerca dell’altrove a buon mercato (economicamente e spiritualmente).
I Pontefici continuano a costruire ponti sul Tevere, ieri per scopi sacri, oggi metaforicamente per raggiungere più velocemente Montecitorio e Palazzo Madama.
A Pontida, etimologicamente “strada del ponte”, si lavora invece per tagliare i ponti, e per “isolare” gli abitanti della penisola, trasformandola in un arcipelago.
vorrei mettere un sottofondo musicale: Simon & Garfunkel “Bridge over troubled water”
When you’re weary, feeling small,
When tears are in your eyes, I will dry them all;
I’m on your side. When times get rough
And friends just can’t be found,
Like a bridge over troubled water
I will lay me down.
Like a bridge over troubled water
I will lay me down.
e per restare non cambiare autori, quando parli di isole padane,
I’ve built walls,
A fortress deep and mity
That none may penetrate
I have no need of friendship
friendship causes pain
It’s laughter and loving I disdain
I am a rock, I am an island
Si potrebbe però riflettere più a lungo sulla questione leghista. Penso ad un libro sulla nascita del nazismo (Come si diventa nazisti
di Allen William S.- einaudi) non è da sottovalutare la componente disoccupazione e riduzione forzata dei consumi di un gran numero di persone (li avete letti i dati del famoso ente comunista OCSE?), su cui potrebbe avere facile presa una serie di discorsi beceri, tipo padroni a casa nostra, etc etc.
La tentazione di seguire la via facile dell’attribuire la colpa all’altro è sempre lì.
William Sheridan Allen, “The Nazi Seizure of Power: The Experience of a Single German Town, 1930-1935” Quadrangle Books 1965, 345 pp..
In italiano, “Come si diventa nazisti” Einaudi 2005 pp. XVIII – 298