Bicocca

Il numero II (2004) di ACHAB è dedicato ad uno Speciale Etnografie Bicocca. Vi sono raccolte alcune etnografie elaborate dagli studenti della laurea specialistica in antropologia per il corso di “Metodi e Teorie della Ricerca Antropologica” tenuto dal dott. Setrag Manoukian nel corso dell’anno accademico 2002/2003; l’esercizio proposto consisteva nel fare praticamente il mestiere dell’etnografo, scegliendosi il “campo” nella stessa università.

L’Università della Bicocca si trova nell’omonimo quartiere alla periferia Nord, riconvertito a partire dagli anni ’90 da area industriale dismessa a zona polifunzionale (terziario avanzato, università, ricerca, loisirs e residenziale): un progetto unitario a cura dello studio “Gregotti Associati International” (quello del quartiere ZEN di Palermo e dell’Università della Calabria). Insomma uno spazio pensato da pochi per molti.

La nuova funzione si sovrappone ad una storia di 70 anni legata alla “fabbrica” ed al quartiere residenziale popolare in parte abitato dal sottoproletariato, ai tempi una specie di “Bronx” milanese. Vi è quindi oggi una strana convivenza ad orari diversi sullo stesso territorio di diversi gruppi/generazioni che non si incontrano.

Edifici U6 U7

Quando gli studenti e gli impiegati la sera transumano, appaiono timidi i rari aborigeni e addirittura talvolta bambini-skaters. Ecco la signora che si lamenta perché gli studenti parcheggiano nella strada privata e che dichiara sorprendentemente: Qui di fronte c’era il “segnalino” il reparto dove facevano le palle da tennis e c’erano le cucine della Pirelli, c’era puzza ma più tranquillità, adesso ci sono gli studenti e si sentono loro i padroni.

L’università Milano Bicocca ne esce malconcia nella sintesi di una studentessa: la Bicocca ti lascia spaesata, è asettica, sembra un Ospedale Psichiatrico, nell’osservazione di S. Manoukian: una delle caratteristiche della Bicocca come luogo sociale è che produce molta disattenzione … nei confronti di ciò che vi avviene o ancora nella definizione tranchant di Richard Sennett (Professore di “Social and Cultural Theory” alla London School of Economics): una negazione del concetto di socialità e università.

Alla Bicocca i vasti spazi sono suddivisi e frammentati in percorsi che non si intersecano e dove la possibilità di incontrare qualcuno che non appartiene alla stessa facoltà, o non segue la stessa lezione o non deve fare lo stesso esame è rarissima. Infatti è opinione comune che sia difficile fare amicizie alla Bicocca, anche se sono stati previsti ampi spazi per la socialità: ognuno ha le sue conoscenze, si fa i fatti suoi, segue le lezioni e comunque finisce lì, non c’è un rapporto che continua. Inoltre la competizione tra le persone viene incoraggiata dalla struttura stessa che, per le sue dimensioni spazio-temporali, continua a rimandare ad una logica di corsa ai profitti.

Il nonluogo soddisfa le esigenze più immediate per cui è stato creato, ma attribuisce nuove identità agli individui per mezzo di un processo tranquillizzante e di omologazione: il nonluogo modella le persone.

Forse è criticabile la scelta politica di affidare la progettazione dell’intera area ad una sola mente: manca la diversificazione e il pluralismo. Oppure è un caso come quello paventato dal geografo Eugenio Turri ne “Il paesaggio come teatro”: il risultato di una progettazione fuori dai riferimenti che hanno valore sacralizzante (luoghi che culti religiosi, arte, letteratura, cinema, fotografia, saggistica storica, geografia o naturalistica hanno riconosciuto come riferimenti importanti dell’identità culturale) è fuori dalla dimensione del tempo, fuori dalla storia, e unicamente funzionale alle pure logiche economiche.

Oppure ancora forse hanno ragione gli abitanti di Bruxelles: lì dare dell’architekt a qualcuno è considerato un’ingiuria.

1 thought on “Bicocca

  1. La prima volta che vidi la nuova Bicocca, in una giornata grigia, con le nuvole basse, ebbi l’impressione di trovarmi in un quartiere periferico di Monaco o Vienna.
    Il quartiere è stretto tra una via di grande traffico, Viale Zara, e la ferrovia, che delimitano aree residenziali popolari. E’ una sorta di isola cittadina, sia per la barriera della ferrovia, scavalcata da ponti che si trovano ai margini di Bicocca, sia per una stretta regolamentazione del parcheggio, riservato ai residenti o a pagamento. Appare dunque come una zona pensata per le automobili, con ampie vie di scorrimento, ma povera di veicoli. Ricorre spesso il tema della piazza, sia interna agli edifici (universitari e aziendali), sia nelle aree di socializzazione; all’interno di esse l’effetto è “metafisico”, come all’EUR di Roma: sembra di trovarsi in un quadro di De Chirico o Carrà. Un paio di queste corti interne agli edifici sono molto richieste per spot pubblicitari. La zona d’incontro più ampia si trova davanti al Teatro Arcimboldi, ed è costituita da una piazza al di sotto del livello stradale, con librerie e negozi, e da un paio di bar piuttosto sofisticati. La struttura immobiliare dell’area ha impedito la nascita delle pizzerie da asporto o kebab, così diffuse nelle aree universitarie e popolari. Ne esistono appena al di fuori del quartiere, frequentatissime da studenti e impiegati. I condomini residenziali presenti sono ovviamente di fascia alta. Una significativa incongruenza è costituita da alcune villette con giardino, costruite negli anni ’20 del ‘900 per i dirigenti della Pirelli, tuttora abitate e strette tra i quartieri popolari e i nuovi magniloquenti edifici. Manco a dirlo, ai margini settentrionali di Bicocca è sorto un immenso centro commerciale, con cinema multisala e amenità varie.
    In conclusione, l’unico punto in cui si percepisce la folla è nella stazione ferroviaria; immediatamente dopo l’uscita le persone si disperdono e in seguito la loro presenza è discretamente assorbita dalle dimensioni del quartiere. Nei prossimi giorni metterò in linea qualche foto dei luoghi più significativi di Bicocca.

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