Gli statuoni del Duomo di Vercelli

Con i ragazzi del laboratorio teatrale della mia scuola lavorerò sul tema della città, del ‘sogno’ e ‘biSOGNO’ di città…lo scorso anno ho raccolto i loro pensieri su come vivono, vedono, sentono, sognano Vercelli, autoctoni e no, integrati ed emarginati, bicciolani ed acquisiti… Anch’io sono una vercellese acquisita, un po’ sradicata e un po’ integrata, e sento Vercelli un po’ anche mia, ho iniziato ad amarla e detestarla proprio come se fosse la mia città. Nel testo teatrale che sto scrivendo voglio dar voce ai pensieri e sentimenti dei miei ragazzi e un po’ anche ai miei… la poesia che presento è una piccola anticipazione, e dice in qualche modo qualcosa del mio sogno e bisogno di città.

“Gli statuoni del Duomo”

Voglion dire che il Duomo
sia brutto, di più se confrontato
col Sant’ Andrea di lato
di marchio accreditato…

assunto un po’ accademico
pre- giudizio scolastico
che preferisce il gotico
al gusto tardo classico.

Ma il gran basilicone
a me non pare brutto
le statue soprattutto,
che sopra il tetto incombono

teatro metafisico di smisurate effigi
le immense statuone
che immobilmente incedono
da enormi balaustrone

in giudicante assetto
di barbe, pastorali,
ditoni sollevati,
colleriche, crucciate,

coreografia di un incubo
in giuste sproporzioni
santi, siluri, missili
verso altre dimensioni

la città “cita” celano
e provano a trascenderla
salutano chi arriva
in bilico aggettante

sullo slargo indeciso verso la ferrovia
verso l’altrove, il fuori,
il Seminario, il viale,
magari l’ospedale, una gelateria…

minacciano ed alludono
promettono furori
una grandezza, un impeto,
almeno in intenzioni…

in albe rosaperla che il Settecento
esaltano del quartiere clericale
bianchi sul cielo nero
in posa un po’ spettrale

grigi sui fondi bigi
della città palustre
fumano nella nebbia
chimerici vapori.

( Annalisa Bendelli )

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