La confusione regna sovrana nelle faccende politiche, e non mi riferisco alla campagna elettorale, ma proprio ai fondamentali. Si prenda ad esempio il saggio breve “Dalla fine delle sinistre nazionali ai movimenti sovversivi per l’Europa” di Toni Negri, basato su un intervento a una conferenza del 18 gennaio 2013 che può essere letto qui. Passato il mal di testa provocato dalla densa cortina di gergo marxiano, restano in mente le tre parole chiave indirizzate dall’autore ai “movimenti che si battono nella crisi contro la crisi”:
1) insolvenza quindi dàlli alla Banca Centrale Europea
2) destituzioni cioè scendete in strada e menate le mani
3) comune quindi affermare il diritto di accedere in modo comunitario a beni e servizi considerati fondamentali.
Delle tre cose, l’accento sta sulla prima tant’è che l’articolo termina definendo la BCE “il Palazzo d’inverno nell’Europa di oggi”, incitando a contestare l’indipendenza della banca centrale, sottoponendola “ad un disegno strategico di riconfigurazione comune degli assetti sociali biopolitici”. Insomma in chiaro, si tratterebbe di stampare denaro in abbondanza.
Quando si manifestano dei collegamenti inattesi, quando diventano possibili alleanze che sorprendono, che spiazzano e sparigliano gli schieramenti consueti: ecco questo rende visibile un ordine nella confusione. Così come l’unanimità tra anarchici, terroristi islamici, pedopornografi e ricchi uomini d’affari nel condannare il tracciamento continuo, il saccheggio della privacy a cui siamo tutti sottoposti è suggestivo, anche spulciare il fronte degli avversari della linea rigorista della BCE può riservare delle illuminazioni. Chi dunque, oltre agli scienziati politici neomarxiani, ce l’ha a morte con Mario Draghi ? Beh, apertamente per esempio l’Innominato, che solletica le simpatie dell’italiano medio per il quale la culona-Merkel con la sua fissazione per il rigore assomiglia troppo a quella antipatica prof di matematica alle medie. Anche Beppe Grillo in qualche modo, quando dice che non è impensabile lasciare che il paese diventi insolvente, cancellando il debito. In generale però (anche se non lo dicono così apertamente), sono in molti quelli che trarrebbero giovamento da una politica di investimenti infrastrutturali (tipo new deal) da parte dello stato e da un’aumentata capacità di spesa da parte dei privati, drogata dal credito al consumo e dai mutui immobiliari. Tutta questa schiera di fautori del denaro facile e dell’inflazione comprende trasversalmente: immobiliaristi, imprenditori piccoli e medi, economisti keynesiani, grande industria per esempio automobilistica, costruttori di infrastrutture ad esempio ponti ferrovie ad alta velocità etc. Tutti costoro concordano con chi propone di stampare soldi freschi, gli uni allo scopo di scavare tunnel, gli altri per soddisfare alle necessità della “produzione dell’uomo per l’uomo”.
La schiera di chi si oppone ad una diluizione del valore dell’Euro è, se possibile, ancora più eterogenea. In questo fronte le voci più forti che si fanno sentire sono quelle dei tecnici, che dànno per certo l’armageddon se prestiamo ascolto alle sirene del denaro facile – ma questi ormai stanno antipatici a tutti, col loro atteggiamento da grillo parlante, che poi la fine che fanno i grilli parlanti la sappiamo già.
C’è poi una moltitudine di persone che non si fanno sentire troppo, ma che farebbe bene a farlo: i creditori, visto che se qualcuno ha un debito, deve esserci sempre qualcuno che ha un credito di pari entità. Per conoscere chi sono, basta consultare la Tavola 3 “Attività e passività finanziarie dell’Italia nel 2011 (consistenze)” del recentissimo (primo febbraio 2013) rapporto “Conti finanziari” prodotto dall’ufficio statistico della Banca d’Italia, scaricabile qui. Ecco qua una sintesi della tabella suddetta, che mostra i saldi di debiti e crediti tra l’economia nazionale (divisa in quattro settori: cittadini, aziende, banche e altre istituzioni finanziare e assicurative, stato enti locali e di previdenza) e l’estero, espressi in € pro capite rapportati ad una popolazione di 60 milioni:
Cittadini | Aziende | Banche ecc. | Stato ecc. | Estero | Totale |
---|---|---|---|---|---|
+45192 | -31855 | +7472 | -25657 | +4848 | 0 |
Quindi i creditori sono in primo luogo i privati cittadini per la ragguardevole cifra di 45192 € a testa compresi lattanti e vecchiarde, poi vengono le banche per 7472 € e infine gli stranieri ci hanno prestato 4848 € a capa. I debitori sono: numero uno aziende con 31855 € rapportati ad ognuno di noi, numero due a distanza lo stato con 25657 € a testa. Dalla tabella si vede anche chiaramente che il debito con l’estero è relativamente piccolo, e questa è una buona notizia perchè vuol dire che non siamo (ancora) in mano straniera. Poi si vede che il debito delle aziende è maggiore del debito pubblico, e qui allora uno comincia a chiedersi perchè il debito pubblico è così preoccupante mentre di quello delle aziende non si parla mai (e soprattutto non sull’organo ufficiale di confindustria e sulla sua radio).
Ma attenzione, dalla tabella della Banca d’Italia manca qualcosa: mancano le pensioni ! Questo per il modo in cui funziona il sistema pensionistico: i contributi pagati questo mese dai lavoratori attivi vengono usati lo stesso mese per pagare le pensioni. Quindi c’è un ulteriore risparmio (credito) dei cittadini che non compare come attività o passività finanziaria, rimane invisibile, virtuale. Un esempio: supponiamo che io inizio a lavorare a vent’anni e finisco a 70 con un’anzianità di 50 anni lavorati, guadagnando in media 15000 € netti all’anno, poi vado in pensione e vivo fino a 90, godendo per vent’anni di una pensione di 10000 € netti all’anno, tutto espresso in € del 2013 cioè supponendo che non ci sia inflazione. Allora in tutta la mia vita lavorativa vuol dire che ho guadagnato 50×15000 = 750000 €; inoltre il giorno che smetto di lavorare io ho un risparmo virtuale accumulato di 20×10000 = 200000 €, e il mio stipendo totale al lordo dei contributi è stato di 950000 € e i contributi erano 200/950 = 21%. Quindi quando ero a metà del cammin lavorativo di mia vita, cioè a 45 anni, io avevo un risparmo virtuale accumulato di 100000 €. Da questi numeri, anche senza portare a termine l’esercizio, si vede che le pensioni sono un ulteriore ragguardevole massa di risparmio anche se virtuale, dei cittadini, che si aggiunge al credito che essi già detengono, di 45192 € pro capite.
Ora se si decide di espugnare quel novello Palazzo d’inverno che è la BCE, e stampare qualche miliardo di euro, iniettandolo nel sistema, cosa succede ? Succede che aumenta il totale di attività e passività, perchè ci saranno nuovi debiti e nuovi crediti, ma la cosa interessante è cosa succede ai debiti e ai crediti esistenti: orbene essi, anche se il loro valore numerico resta uguale, di fatto diventano relativamente più piccoli, quindi si svalutano (inflazione). Chiaramente se io ho un debito e mi si svaluta sono contento, invece se ho un credito sono triste.
Dopo questa parentesi di macroeconomia spicciola, possiamo quindi tornare alla domanda iniziale, cioè: se lasciamo fare all’Innominato, al filosofo politico marxiano o a Beppe Grillo, chi è che si prende l’ombrello in quel posto ?
A me pare che non ci convenga sostituirci all’allenatore della nazionale o al presidente della Banca Centrale Europea: quelli davvero sono lavori che devono fare i tecnici. I cittadini dovrebbero pensare ai propri interessi, e in particolare al tema della redistribuzione della ricchezza, visto che come già osservava a proposito dei polli Trilussa, anche se ogni italiano vanta in media un credito di 45192 €, c’è qualcuno che è in rosso e ce ne sono degli altri che ne hanno a miliardi !
Mi pare che con la Merkel e Draghi (sineddoche) se la prenda anche un ragazzetto pulito e di buoni studi come David Cameron. Che, al pari di Grillo, apparecchia referendum sulla partecipazione alla UE.
Tornando a bomba (solo metaforicamente), non concordo sul senso implicito dell’orazione.
In primis, credo che sia controverso il rapporto causa-effetto tra produzione di moneta e inflazione, specie per monete di riserva e scambio internazionale, quali euro e dollaro. Nel recente passato la banca centrale americana ha acquistato molte stampanti ad alta velocità, senza per questo spostare di un decimale l’inflazione americana. Analogo comportamento da parte della banca centrale giapponese, che sarebbe ben felice di alimentare qualche punto di inflazione in un’economia assai depressa, ma ahimè non ci riesce.
Per quanto riguarda l’assalto alla BCE, alias la “reconquista” di qualche briciola di sovranità monetaria: è a mio parere indispensabile per dare qualche senso alle elezioni nei paesi del sud Europa (e non solo). Ciò per due motivi:
1) gli interessi sul debito pubblico italiano si avvicinano ai 90 miliardi di euro annui, “36 miliardi in più della Francia, che ha un’esposizione statale uguale a quella italiana, 21 in più della Gran Bretagna, che si sta avvicinando ai nostri livelli di indebitamento, e 27 in più della Germania, il cui debito è più alto di quello italiano” (Il Sole 24 ore, mica Il manifesto o Bandiera rossa). A questi oneri aggiungiamo i nefasti esiti del “fiscal compact” (pudicamente richiamato in questo campagna elettorale come “gli impegni verso la UE”), approvato in fretta e furia il 21 dicembre scorso : circa 50 miliardi di euro per i prossimi vent’anni. Si tratta a occhio e croce di 140-150 miliardi di euro all’anno, poco meno del 10% del PIL. Con un fardello simile e un livello di tassazione ormai insopportabile, qualunque governo venga eletto non avrebbe alcun margine per manovre keynesiane o politiche sociali.
2) la politica dello spread. Quando i sondaggi indicavano, mesi fa, una crescita vertiginosa del M5S, l’ineffabile giornale abbronzante faceva del terrorismo psicologico, sostenendo che lo spread sarebbe salito a oltre 700 punti nel caso di una sua vittoria elettorale; non appena il candidato premier del Pdl ha rimontato nei sondaggi, qualcosa di analogo è avvenuto, per tacere della caduta del governo ahimè democraticamente eletto, peraltro controversa. Cosa succederà nel caso di un ipotetico incarico a Bersani nel prossimo futuro ? I famigerati “mercati” (in realtà non altro che fondi sovrani di paesi a infimo tasso di democrazia, banche d’affari e fondi d’investimento anglosassoni, imbottiti di narcodollari e averi di dittatori del terzo mondo) faranno salire lo spread fino al momento in cui il PD non siglerà un’alleanza con Monti, unico garante dei loro crediti e dei loro profitti ?
Ad posteros.
Allora mettiamo Cameron insieme all’Innominato, al filosofo politico marxiano e B.G., non dico che abbiano torto solo quando sono tutti d’accordo mi viene il soffoco.
In effetti il legame causa-effetto tra stampa di banconote e inflazione non è diretto e istantaneo; se queste banconote appena stampate si disperdono in molte tasche e/o se chi le riceve decide di non spenderle, l’inflazione non si manifesta immediatamente. Ma prima o poi si manifesta, visto che nell’area Euro la crescita a medio-lungo termine non può avvenire, nè demografica che di valore economico. I giapponesi stanno appunto stampando a massima velocità in questo periodo.
Sul tema vorrei tornare più estesametne con un post separato, partendo sempre dala tabella 3 del rapporto BCI citato, che credo offra ancora molti spunti e potrebbe persino rispondere ai dubbi che sollevi al punto 1.
Per il punto 2 invece possiamo solo aspettare e vedere.