Disintermediazione è quando un bene o servizio va direttamente dal produttore al consumatore, saltando gli intermediari. L’esempio principe è il commercio elettronico: se compro le scarpe su Zalando, il telefono su Ebay, la frutta dai Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) oppure ai mercati di Campagna Amica (farmer’s markets), dove le piccole aziende agricole vendono i loro prodotti a km zero, tutto questo va a discapito dei canali di distribuzione e vendita tradizionali (distributori, negozi ….). Un altro esempio per i servizi: prenotando la vacanza sul sito di Expedia e basandosi sui commenti su Tripadvisor, si salta il tramite delle guide turistiche e delle agenzie di viaggi.
Questo significato, legato alla catena del valore economico, è recente: secondo lo Zingarelli di disintermediazione si è cominciato a parlare solo intorno al 1980, e inizialmente in un ambito ristretto, in riferimento alla “riduzione dell’attività intermediaria delle banche in seguito alla diminuzione dei depositi”.
Osserviamo immediatamente che c’è disintermediazione e disintermediazione: Zalando, Ebay, Expedia e Tripadvisor radono al suolo gli intermediari piccoli, e diventano monopolisti nel loro campo (“ne resterà uno solo”). I GAS e i farmer’s markets invece sono distribuiti sul territorio, e per definizione non sono soggetti ad un processo di concentrazione aziendale. Ecco che fa capolino il tema dell’equilibrio tra centro e periferia !
Ma la parola disintermediazione si presta ad essere usata in senso ancora più ampio.
In senso geografico disintermediare potrebbe voler dire “togliere quello che c’è nel mezzo”. Ad esempio se vado da Milano Centrale a Roma Termini con l’Intercity 597 delle 15:05, ci metto sei ore e trequarti e mi fermo 16 volte, per la precisione a: Milano Rogoredo, Lodi, Piacenza, Fidenza, Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna Centrale, Prato Centrale, Firenze Rifredi, Arezzo, Terontola-Cortona, Chiusi, Chianciano Terme, Orvieto e Orte. Se invece parto col Frecciarossa 9639 delle 15:00, arrivo diretto a Roma Termini senza fermate in meno di tre ore ! Quindi possiamo dire che col Frecciarossa disintermediamo e quindi togliamo dalla carta geografica tutto quello che c’è tra Milano e Roma. Lasciando libertà di azione alla tendenza polarizzatrice delle reti di ferroviarie ad alta velocità e delle reti di connessione aerea, avverrà una perdita progressiva di importanza delle città di provincia – dove per città di provincia si intenderanno prima i centri minori, poi man mano quelli regionali, poi nazionali per arrivare infine ad un mondo che è tutto un’unica enorme periferia di New York o di Pechino. Siamo di nuovo nel modello “ne resterà una sola (città)”.
Nel campo dei media la disintermediazione è in primo luogo rappresentata da Internet: infatti la rete delle reti permette lo scambio diretto di informazioni tra produttore e consumatore. Ad esempio per la posta elettronica, ciascuno di noi può facilmente diventare il postino di sé stesso, attivando un server SMTP su un elaboratore di sua proprietà connesso alla rete. Le reti peer-to-peer sono un altro esempio di disintermediazione decentrata: tutti i nodi di queste reti sono uguali (peer = pari) e contribuiscono in piccola misura a fornire un sevizio che può essere fruito da molti. Evidentemente questa possibilità fin dall’inizio è stata vista da qualcuno come un rischio, quindi una certa asimmetria tra produttori e consumatori di informazione è stata resa parte integrante dell’infrastruttura, con la rete ADSL dove la A significa appunto asimmetrico: la connessione è migliore in una direzione (scaricare) che nell’altra (diffondere informazione). L’infrastruttura ADSL quindi è nemica delle reti peer-to-peer, e incoraggia il consumo rispetto alla produzione di informazione, e per di più il consumo da “siti” aziendali e non da “siti” operati da privati. Tra l’altro l’asimmetria esiste ancora oggi nelle connessioni basate su fibra ottica, nell’assenza di una credibile ragione tecnica. Ma la versione centralizzante della disintermediazione informatica inizia la sua vera marcia trionfale con il web 2.0, quando Internet diventa mainstream (circa anno 2000) e qualcuno comincia a mettersi in mezzo (Google, Facebook, Linkedin) obbligando tutti gli utenti a fruire di un certo servizio solo passando da un intermediario globale, che diventa inevitabilmente unico e monopolista. Il potenziale liberatorio di internet è stato così deviato in due modi, da un lato si dà la stura allo user generated content di bassa gamma, tritato e aggregato e rilanciato sui sòscial nètuorc: informazione scadente e di nessun valore, puro assordante rumore. Dall’altro lato si radono al suolo i media convenzionali tra cui ve n’erano anche alcuni che puntavano sulla qualità e sulla discussione ragionata. Di questi ultimi ne resteranno a livello mondiale solo pochi (The Guardian, New York Times, Foreign Affairs …) in grado di potersi permettere inchieste, reportages, veri scoop: tutti gli altri comprano questi servizi già fatti e sono destinati ad impoverirsi di professionalità, riducendosi al livello di aggregatori “intelligenti” che rimestano e ripropongono il mare magnum di cui sopra. Per numero di strafalcioni e livello dell’informazione cominciano ad assomigliare ai peggiori blog con 25 lettori.
A livello politico internazionale disintermediazione significa l’instaurazione dell’Impero perfetto, in grado di colpire chiunque e ovunque con i suoi droni, comandati dalla rete infallibile di satelliti, al di sotto dei quali vivacchia una pletora di protettorati, minuscole repubbliche di banane i cui “governi” non governano un bel niente.
A livello politico interno disintermediazione può voler dire democrazia diretta oppure populismo. Riconosciamo la disintermediazione decentrata nel modello svizzero, federale, con la democrazia diretta usata localmente. Riconosciamo la disintermediazione accentrante nel populismo, col cortocircuito mediatico tra il leader e i suoi elettori: il leader in persona è l’unico intermediario rimasto !
A questo punto mi fermo e rimando ad un post successivo la disamina di ulteriori significati della parola disintermediazione, la discussione delle eccezioni a questa tendenza che non è affatto universale, e la conclusione (ma si potrà mai concludere ?).
Un paio di considerazioni sul tema.
1) Se si scorrono le classifiche dei siti più importanti di e-commerce, si incontrano tre diversi tipi di attori: i mediatori puri (i già citati Zalando, Ebay, Amazon, Booking.com, Groupon, Itunes, etc.); le aziende con un core business al di fuori di internet, in particolare nei trasporti, che hanno l’ambizione di fare cross-selling sfruttando il contatto con i clienti e il brand (Ryanair, Trenitalia, Alitalia, etc.); le aziende che già hanno una rete di vendita monomarca, e usano internet semplicemente come un canale di vendita alternativo. Le ultime due categorie mostrano una tendenza interpretabile attraverso il concetto di brand; inoltre, chiariscono come anche in internet sia più importante il contatto e la fiducia del cliente, che la disponibilità di prodotti.
2) E’ vero che oggi il turista “fai da te” ha a disposizione mezzi molto ampi per programmare le proprie vacanza senza l’aiuto di un’agenzia di viaggio. Ho l’impressione però che il turismo di massa, quello che muove milioni di persone dal nord Europa al Mediterraneo, o dalla Cina e dal Giappone verso le città d’arte europee, sia organizzato da poche grandi agenzie (in Europa, per esempio, TUI o Thomas Cook), che noleggiano voli charter, pullman, alberghi o case private per fornire un servizio completo ai loro clienti.
Mentre concordo sul primo punto, sul secondo credo che le masse abbiano già scelto: il fatto è che anche per comprare i pacchetti e i viaggi organizzati dai grandi tour operator, l’uomo medio passa dai nuovi intermediari.
Guardavo i dati societari di TUI AG, il citato gruppo europeo leder del turismo vecchia maniera:
i fondamentali di TUI AG sul sito della borsa di Francoforte.
Capitalizzazione 3 miliardi di euro, fatturato di 18 miliardi invariato dal 2008, utile praticamente zero.
Non va molto meglio per Thomas Cook Group PLC:
i fondamentali di Thomas Cook Group PLC sul sito della borsa di Londra.
Capitalizzazione 3 miliardi, fatturato 11 miliardi in aumento del 4% medio all’anno dal 2008, però è in perdita negli ultimi due anni.
Invece guardando priceline.com, leader dell’intermediazione turistica via internet in USA, e proprietario dei marchi booking.com e KAYAK, da l’impressione di un espansione parossistica, quasi una bolla !
i fondamentali di priceline.com sul sito di Yahoo finance e
le più recenti comunicazioni al mercato
Capitalizzazione 50 miliardi, fatturato nell’ultimo trimestre (!) 8 miliardi di cui il 20 % è utile, il tutto in aumento del 35% all’anno.
Detto questo, generalizzare è rischioso e si rischia di perdere precisione sui dettagli; se va bene però si riescono a intravedere le tendenze significative nella confusione generale. C’è da attendersi ancora più generalizzazioni azzardate nei miei prossimi post !