Dizionario filosofico: povero

La definizione di sinistra e il programma politico che ne risulta derivano dalla definizione di uguaglianza scelta, che a sua volta poggia sulla definizione di povertà.

Dopo aver letto l’ottima sintesi dell’economista Elena Granaglia riflettevo sulle definizioni più correnti di povertà, e quella ISTAT (basata su soglie di reddito) quella basata sulla deprivazione materiale usata dall’EUROSTAT, strumento EU-SILC (Statistics on income, social inclusion and living conditions).

I criteri di cui tiene conto l’EU-SILC (Primary variables, household data, material deprivation) sono:

  • Arrears on mortgage or rent payments
  • Arrears on utility bills
  • Arrears on hire purchase instalments or other loan paments
  • Capacity to afford paying for one week annual holiday away from home
  • Capacity to afford a meal with meat, chicken, fish (or vegetarian equivalent) every second day
  • Capacity to face unexpected financial expenses
  • Do you have a telephone (including mobile phone)?
  • Do you have a colour TV?
  • Do you have a computer?
  • Do you have a washing machine?
  • Do you have a car?

Secondo i crismi della società dell’accesso si considera che “hai” telefono, televisione, computer, auto e lavatrice anche se li affitti, impresti, condividi …
In ogni caso chi non supera tre di questi criteri sarebbe povero (deprivazione), chi quattro o più molto povero (deprivazione severa).

Però più ci penso, più mi convinco dell’inadeguatezza di ambedue queste definizioni.
Ammesso che un individuo o una famiglia disponga di un reddito al di sopra della soglia di povertà, non è detto che lo usi in modo razionale: l’uomo non è un essere razionale. Potrebbero spenderlo per comprare dei beni di lusso, sigarette, gioco d’azzardo, alcol e droghe.

Ma anche se lo spendessero in accordo con i criteri di deprivazione … esistono persone che passano tutti i criteri dell’EU-SILC ma vivono malissimo.
Ad esempio ci si può cibare di proteine ogni due giorni, e mangiare patate fritte il resto del tempo. Si può possedere una televisione a colori (!) e guardare reality shows otto ore al giorno.
Si può avere un computer e non parlare con nessuno.

Viceversa esiste gente che non è certamente povera ma ricade nella definizione di povertà dell’EU-SILC perché non va in vacanza e non possiede né auto né computer.

Infine i criteri non tengono conto di cose che io personalmente ritengo basilari per una vita dignitosa come l’accesso all’istruzione superiore, lo sport, la prevenzione sanitaria e il contatto con la natura.

Insomma i criteri sono sempre soggettivi e possono dipendere dalla visione del mondo.

Allargando il campo, nel Messaggio per la XXIX giornata mondiale della gioventù (2014) Jorge Mario Bergoglio commenta il versetto «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 3), e dipinge la povertà come un obiettivo, e i poveri come una risorsa.
Il messaggio consiglia di “essere liberi nei confronti delle cose … non cedere alla cultura del consumo … cercare l’essenzialità, di imparare a spogliarci di tante cose superflue e inutili che ci soffocano“.

Quello che servirebbe è una definizione di povertà universale (applicabile a chiunque, anche al di fuori dei paesi cosiddetti “sviluppati”), non economica ma umanistica, e che tenga conto del libero arbitrio e dei limiti della persona.
L’ultimo punto serve perché siamo tutti peccatori e perché i veri poveri sono proprio i poveri di spirito.

Questa definizione ci consentirebbe di non chiamare automaticamente “poveri” coloro che sbarcano coi gommoni sulle nostre coste.
E ci aiuterebbe a diagnosticare l’ignoranza e il degrado attraverso tutto lo spettro sociale.