Dalle Piramidi alle Alpi

 

Adriana Galvani

Libera Università Popolare Mediterranea

 

Dalle Piramidi alle Alpi

 

Il mondo cambia molto velocemente, ce ne accorgiamo tutti. Siamo tutti allacciati in un vortice che continuamente ci mescola, ci travolge, ci cambia ci interconnette.

La globalizzazione dovrebbe anche omogeneizzarci, invece forse ci fa racchiudere ancora di più nella nostra individualità. La globalizzazione dovrebbe favorire il dialogo, lo scambio la comunicazione, invece a volte ci blocca e facciamo fatica a comunicare.

La globalizzazione dovrebbe anche servire a creare un mondo più giusto, invece le disuguaglianze aumentano. Diventa sempre più forte il concetto di equità, ma le guerre le repressioni, le ingiustizie, le prevaricazioni aumentano il divario tra gli esseri umani.

A fatica, con le sue miserie, le sue guerre, anche i suoi passi indietro, il mondo occidentale è riuscito a raggiungere un certo benessere, un elevato grado di cultura, un sistema sanitario democraticamente diffuso, una produzione che soddisfa beni e necessità, mentre invece altre aree sono rimaste in situazioni di penose difficoltà.

È significativo invece il difficile percorso che l’Africa non è riuscita ad intraprendere e molto difficilmente riuscirà a completare. Questo continente ha enormi potenzialità che rimangono inespresse. L’Africa è stata la mira degli appetiti di tutto il mondo, ultimamente anche della Cina, che ha trovato le fonti per mantenere la sua gigantesca demografia e il suo enorme sviluppo industriale. Le mire sull’Africa sono sempre state unidirezionali, l’occupazione tentava e tenta ancora, di prendere, di sfruttare, di prelevare tutte le ricchezze naturali.

L’Africa ha così perso non anni, ma centinaia, migliaia, di anni di storia. Quello che ha dato non le è stato restituito, essa continua a chiedere, ma il risultato è che continua a pagare. L’integrazione economica tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo non si è mai evoluta in maniera proficua e pacifica. L’Africa chiede e, giustamente, dobbiamo essere anche in grado di risponderle, ovviamente però per un vantaggio reciproco. Un nuovo progetto moderno e democratico dovrebbe prevedere uno scambio paritario, un do ut des. Nessuno può dare e nessuno può chiedere senza una corresponsione egualitaria di diritti e doveri.

Da troppo tempo in tutto il mondo si sta attraversando una grossissima crisi, anzi, papa Francesco asserisce che stiamo vivendo una terza guerra mondiale. La guerra ferma la fratellanza, ferma la cultura.

Il mondo occidentale sta puntando moltissimo ai processi culturali, perché ha capito che i soli progressi economici non sono più sufficienti da soli. I prodotti economici possono formare lo strato di base di una civiltà la quale si evolve solo attraverso percorsi culturali.

Un percorso culturale non è scevro di difficoltà, di punti spinosi, di grosse spese, di faticosi cammini, di inaspettate e impreviste conseguenze, però è l’unico modo di procedere.

Il mondo occidentale è nato sulla cultura greco romana, poi si è evoluto secondo una cultura meccanicistica e materialistica che sta ora riprendendo le basi della sua solida formazione.

Anche l’Africa è nata sulla base della prestigiosa cultura egizia, mescolatasi poi con varie influenze. L’Africa quindi dovrebbe ripartire dal processo culturale interrotto di una delle culture più rilevanti dell’umanità. Se il processo è stato interrotto anche per interventi occidentali, l’Occidente può recuperare i passi falsi ricucendo un dialogo ed eliminando le linee di forzature. Si tratterrebbe di integrare le antiche culture con la cultura moderna.

Se Adam Smith sosteneva che il progresso deve basarsi sul vantaggio competitivo delle varie nazioni, intendeva dire che ogni nazione ha qualche punto di vantaggio sugli altri che può essere diverso tra un paese e l’altro; quindi dal loro bilanciamento deriverebbe il perfetto sviluppo. L’integrazione dei vantaggi dovrebbe portare ad un migliore sviluppo della condizione umana, dal punto di vista economico e sociale, speriamo anche politico.

Ora come ora, i nostri paesi, chiamati industrializzati, hanno enormi ricchezze mal distribuite, quindi un passaggio potrebbe essere per prima cosa una ridistribuzione del potere e del vantaggio economico. Dall’altra parte l’Africa ha enormi ricchezze, non solo mal distribuite, ma, ancor peggio, malamente sfruttate.

Tutto il nostro percorso di sviluppo industriale non è stato in grado di apportare evoluzione in un continente che ha molte più ricchezze di tutti gli altri. Queste ricchezze rimangono inespresse, malamente conosciute o malamente sfruttate. Il fatto che qualcuno abbia sfruttato il potenziale africano ha fatto sì che, sia nei paesi di partenza che nei paesi di sfruttamento, qualcuno si sia arricchito e qualcun altro si sia impoverito, inasprendo sia le aspettative che le rivendicazioni.