Scuola e università pubbliche in Italia sono praticamente gratuite.
Sarà un bene o un male ? È il dilemma tra pari opportunità e darwinismo sociale ! Ma non sempre chi riceve un regalo ne apprezza il valore: i ragazzi oggi spendono più denaro in telefonia, videogiochi o sostanze psicotrope che non per pagarsi un’istruzione !
Quanto costa poi produrre questo servizio è un mistero: ci sono molti costi occulti. Conoscerli permetterebbe di prendere delle decisioni democratiche su basi certe: mantenere in funzione le classi di 10 alunni nelle zone rurali ? le facoltà decentrate ? ospitare i licei nei prestigiosi ma fatiscenti, energivori palazzi storici in centro città che con maggior profitto potrebbero ospitare fondazioni bancarie ? Quel che è certo è che la maggior parte dei costi visibili sono dovuti al personale: come in tutto il terziario fino a pochi decenni fa ! Oggi però nelle banche, editoria, professioni, una fetta sempre maggiore dei costi operativi è dato da telecomunicazioni, information technology, macchinari, software.. il mondo è cambiato !
Ancora più delicata è la questione: chi comanda ? La risposta è: nessuno, il sistema è basato sul senso di responsabilità di un esercito di precari e di un élite di inamovibili “di ruolo” e “ordinari“. Manca tutto l’apparato che si usa nel mondo reale per gestire organizzazioni analoghe: gerarchia, catena di comando, sistema di incentivi, meritocrazia, standard di qualità, audit di terze parti. Questo è il risultato di uno stratificarsi di riforme, culture politiche da giovane monarchia, impero fascista, repubblica democristiana, sessantotto.
Sarà la maturità di un sistema che si ha raggiunto il suo massimo fulgore o l’agonia di un mostro fuori dal tempo ?
Spero comunque che, se la scuola italiana dovrà cambiare modello, non adotti quello aziendale.
Che oggi, con le dovute eccezioni:
ha declinato ogni responsabilità sociale;
ha perso ogni legame con il territorio (offshoring, nearshoring, etc.)
ha perso ogni legame con i propri dipendenti, sempre più precari, cassintegrati, licenziati;
ha perso ogni legame con il tempo, ponendosi obiettivi ormai solo a breve termine.
Il cui unico valore è oggi il brand, e l’unico senso è l’arricchimento veloce di azionisti e manager.
Con una specificità italiana: la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite.