Platone e la moviola

“Rigore è quando arbitro dà”

(Vujadin Boskov, ex allenatore e filosofo di scuola heideggeriana)

 

Quando si scrive per un vasto pubblico, nulla deve essere dato per scontato. Se tutti conoscono Platone, va chiarito cosa sia la moviola. Si tratta di quell’oggetto diabolico (etimologicamente: dia-ballein,  che separa, in questo caso l’oggetto dal soggetto, il vero dal falso) che permette di rivedere rallentate le azioni calcistiche di maggiore interesse. Durante le trasmissioni sportive della domenica, esperti di varie tendenze filosofiche si confrontano sull’argomento; manco a dirlo, prevale nettamente l’approccio metafisico, di stampo idealistico e platonico. 

“La gamba del difensore aggancia il piede dell’attaccante: questo è rigore!”. Idealismo puro: il rigore è un universale, del quale l’evento appena trascorso sullo schermo è una copia terrena. Il rigore come idea platonica, immutabile ed eterna (almeno finché non cambi il regolamento). E dispute feroci: “è fuorigioco”, “non è fuorigioco”, secondo quella “antitesi di valori” che Nietsche definiva la “credenza fondamentale dei metafisici” (Al di là del bene e del male). Logica disgiuntiva, che conosce solo i valori vero e falso: tertium non datur.

Dimenticato Nietsche, disprezzata l’ermeneutica, secondo la quale ogni esperienza di verità è un’esperienza di interpretazione (e anche questa è un’interpretazione), ignota la logica intuizionista, per la quale tertium datur, e il valore di verità è funzione del contesto, del tempo e, con qualche astrazione, di quanto in ultima istanza il soggetto conosca dell’evento (oggetto) che valuta. Come dire che l’arbitro, che vive l’episodio da venti metri di distanza, ha una visione profondamente diversa da chi invece lo osservi più e più volte in una sua rappresentazione bidimensionale, e pertanto fenomenologicamente diversa.

Ma la realtà, di cui il gioco del calcio è parte, è ambigua, ambivalente, ambidestra. Complessa, al di là di ogni possibilità umana di comprenderla e abbracciarla; piena di sfumature, intenzioni, piedi che cercano le gambe, cadute iniziate fuori o dentro l’area, e via complicando. Dunque la logica disgiuntiva che l’arbitro necessariamente applica (è o non è rigore ?) è un’approssimazione necessaria, ma imperfetta della realtà. Almeno ora che le SIM svizzere sono state disattivate.

P.S. Durante la stesura di questo pezzo nessuna verità è stata espressa, né ferita o uccisa. La storia della filosofia, per quanto maltrattata, rimane viva e vegeta.

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