L(U)OGO NON L(U)OGO monoLOGO

logo_calomelano_rev1_colorScherzando con gli amici – sono una cinquantenne in classica crisi d’età – mi definisco “una donna che ha usato a scuola il pennino” ( in prima elementare, per passare alla BIC in seconda, voglio precisare, perché non mi si collochi troppo indietro nel tempo…); un modo per datarmi con sofferta autoironia ma anche per difendermi – di fronte alle pressioni del moderno cui faticosamente mi adatto – alludendo all’attraversamento di fasi antropologiche (a me sembrano piuttosto ere geologiche…) e culturali che ha dovuto affrontare una persona della mia epoca.

Il mio percorso nell’ambito della scrittura – che, se non è da identificare tout court con la cultura, come avverte Paolog nel suo recente post, è senza dubbio uno dei suoi aspetti più importanti, almeno a partire dall’era storica, appunto, convenzionalmente, quella che inizia nel momento in cui l’uomo produce documenti scritti – è partito dunque, per quanto riguarda mezzi e modalità, dal pennino ( la vita mi ha risparmiato la piuma d’oca e lo stilo che incideva la cera delle tavolette degli antichi romani) per arrivare alla biro o alla stilografica, e quindi, sia in parallelo che in successione, alla tastiera della macchina da scrivere e dunque a quella del computer… invece, quanto alla ‘materia’, dall’inchiostro in boccetta, in precario e pericolosissimo alloggiamento nel buco del ripiano del banco, da catturare con il pennino, con sforzo e controllo manuali non irrilevanti, a quello imprigionato e dosato nelle cartucce e refil, molto più controllabile e ‘pratico’, veloce, agevole, a quello imbevuto nei nastri della macchina da scrivere, fino alla sua simulazione, con tanto di gamma infinita di caratteri secondo la tradizione della grafica e della stampa materiale, dei programmi di scrittura computerizzata .

La scrittura e la corrispondente lettura: su CALOMELANO si sta ragionando in questi giorni intorno alla tenuta e durata del libro come prodotto cartaceo, Paolog è un alfiere dell’affermazione dell’ebook e del mezzo elettronico di lettura/ scrittura – a suo parere augurabile oltre che ineluttabile – e quando io mi ribello, sempre più debolmente, lo ammetto, opponendo alla sua razionale e illuminata visione, che insegue il mutante presente e il futuro incipiente, il mio sentimento nostalgico nei confronti del libro, magari intriso di gusto sensuale- tattile per la carta dei libri e dei quaderni, lui mi inchioda sarcastico con l’elogio beffardo delle ruvide tavolette incise dal cuneo all’epoca della civiltà mesopotamica.

Già, un problema di modi legato ai mezzi e alla materia, sempre più immateriale, questa, e va bene, ‘virtuale’, un problema insieme fisico, psicologico e mentale, come ben sappiamo.

Ovvio e scontato, mentre un ragionamento o una qualche riflessione meriterebbe l’irriducibile tendenza, a compensazione dell’altrettanto irriducibile smaterializzazione dell’operazione di lettura/scrittura, a rinviare sempre – anche nell’assetto virtuale – all’aspetto materiale quando non materico: la varia e infinita serie di opzioni per i caratteri cui accennavo sopra, che riproduce i veri caratteri degli stampatori nella barra degli strumenti dei nostri computer, le impaginazioni degli ebook , che rimandano ai tratti del libro di carta, spesso alla variante vetusta del codice, con tutti gli orpelli- feticcio del dorso decorato, del frontespizio illustrato… le simulazioni tridimensionali del voltar pagina, mah…

D’altra parte la suggestione o il rinvio alla materia in chiave metaforica è originaria e connaturata alla scrittura: il ‘negro semen’ e gli ‘alba pratalia’ dell’ “Indovinello veronese”… nero su bianco, già… come il ‘calomelano’, che dà il nome al nostro blog.

Ci informa Paolog ( lui è chimico… ): un elemento all’origine bianco che per effetto del calore diventa di un nero bellissimo…

E’ stato proprio Paolog a proporre il nome, per poi pentirsene arrivando ad indire un concorso per una scelta alternativa, io invece questo nome l’ho amato da subito, perché è insolito, enigmatico e pieno di suggestioni di suono e di senso.

Queste suggestioni devono aver agito quando ho voluto concorrere per l’ideazione del logo di Calomelano, insieme a quelle che questo nome promanava per l’assonanza (e ancor più consonanza) con quello dell’uccello ‘piccolo e nero’, tenero, mesto e ineffabile eroe-antieroe della mia lontana giovinezza, Calimero… assonanza nel nome e affinità della natura: il bianco del guscio che portava sulla testa, il nero del piumaggio stilizzato.

Intanto, l’uovo: una cellula che contiene in embrione la vita, e poi l’uccellino che ne è uscito da poco è piccolo, implume, ma può crescere, diventare grande, come noi ci auguriamo per Calomelano.

E ancora: Calimero è un uccello e l’uccello, quel che simboleggia o cui allude, rientra nel campo semantico e metaforico della scrittura, le piume, le ali, mezzo ed emblema… anche in una variante in minore, autoironica , quale è quella del nostro pennuto. (Paolog, che era inizialmente perplesso e stava vagliando altre proposte suggestive, di Metta soprattutto, oltre a ripescare – da formidabile e coltissimo ricercatore qual è – i preziosi e meravigliosi emblemi delle fenici degli stampatori trinesi del cinquecento, mi ha confessato di essersi ricreduto ripensando al fortunato antecedente del pinguino della Penguin Book…)

L’idea, anche grafica e iconica, non mi abbandonava, ho iniziato a disegnare l’uccellino dal parrucchiere, uno schizzo incerto su uno scontrino che già conteneva tutto: il piumaggio è diventato subito macchia, una macchia d’inchiostro, e il becco un pennino, il mio pennino di prima elementare, con cui ho imparato a scrivere…

Ne ho disegnati quattro o cinque di uccellini Cal…omelani, e Paolog, forse sfinito o magari commosso dalla mia furia e determinazione, ha ceduto e ha scelto la variante più simmetrica, di suggestione araldica.

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Non me l’ha data del tutto vinta, però, gli ha tolto il cappello-uovo dalla testa, adducendo ragioni di cautela legale (il copyright…) e di opportunità (Calimero gli sembra troppo compromesso con un’epoca e una generazione, dunque non rappresentativo di tutti gli attuali e potenziali redattori del blog).

Ci abbiamo lavorato per un po’, io e Paolog, lui a ripulire il mio disegno in una elaborazione al computer, io aggiungendo piume-schizzi d’inchiostro, a simboleggiare un effetto dirompente – quel che noi ci auguriamo – di moltiplicazione della scrittura sul nostro blog…

La mia amica Mo, che indirizza senza parere le nostre operazioni, suggeriva a Paolog di mantenere il mio disegno ‘sporco’, io le sono grata perché lei è un’artista e se ne intende e così mi ha dimostrato il suo affetto e anche perché condivido con lei temperamento e gusti d’altri tempi, ma devo ammettere, visto il risultato, che la variante ripulita prodotta da Paolog è efficace e molto simpatica, un ben riuscito innesto del nuovo modo sull’antico… di computer grafica sulla grafica artigianale.

A me sembra un bell’emblema, proprio nella sua stratificazione simbolica iconica e culturale, nel suo alludere a tutti i calimeri e a tutti i pinguini e pure, in ‘diminuzione’ ben aderente ai tempi, a tutte le fenici e ibis e struzzi e quant’altri pennuti (Calomelano, è ora un vero ‘nom de plume’…eh…eh…)

Insomma un logo-luogo acconcio a un sito che vuole essere rappresentativo e insieme ‘accogliente’.

Così si dà l(u)ogo a procedere…

2 thoughts on “L(U)OGO NON L(U)OGO monoLOGO

  1. Che rivincita, però, un pennino di penna stilografica stilizzato a logo per un blog! Grande!

    Condivido l’idea che ciò che si scrive sia condizionato dal mezzo con cui lo si fa.

    Leggevo una intervista ad alcuni fumettisti che impostano diversamente le loro strisce per i blog, verticalizzandole e, per questo, modificando il loro linguaggio espressivo, adattando il cosa e il come.

    Anche io giornalismo si sta modificando per via di PC e blog e roba digitale insomma.

    Però… Io leggo i libri di carta e adesso mi è davvero tornata la voglia di usare una penna! Corro a ripulirne una… Chissà che pensieri mi verranno scrivendo con quella?… Pensieri antichi? E sia!

  2. Mi piace, e sono molto ammirato dall’idea e dall’esecuzione. Anche se, nella versione ripulita, forse è meno riconoscibile la forma del pennino. E poi, non sarebbe nemmeno male vedere la transizione, dal modello fatto a mano (il famoso disegno “sporco”) a quello elaborato col PC, in bianco e nero e a colori: che so, quattro figure che testimoniano l’evoluzione della specie.
    Imprimatur, dunque. Ma come si dice “imprimatur” nella lingua del blog ?

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