Ai tempi del vecchio PCI, la principale regola di funzionamento del partito era il “centralismo democratico”. In breve: su ogni questione e decisione, di programma, di alleanze, di uomini; locale o nazionale, il partito, attraverso una rigida ed efficiente organizzazione e un altrettanto ben definito processo, prendeva “democraticamente” una decisione, alla quale tutti si dovevano poi attenere. Niente correnti, almeno formalmente, e niente dissensi: quella era “la linea del partito”.
Oggi il PD è un’entità i cui processi di formazione delle decisioni sono almeno incerti, e le decisioni, una volta prese, sono messe in discussione da chiunque, dirigente, iscritto o simpatizzante (tramite le mitiche “primarie”). Nella migliore delle ipotesi si può definire un partito plurale, ad alto tasso di democrazia interna; nella peggiore un’armata Brancaleone senza capo né coda, in balìa dell’eterna “Histoire d’A”.
Dall’altra parte, per una curiosa inversione che avviene in molti altri ambiti, il PdL attua un centralismo decisionale molto efficiente, almeno dal punto di vista mediatico. Il processo è semplicissimo: le decisioni sono prese in una villa brianzola, durante una lauta cena, dalla coppia B&B; in seguito si manifesta qualche cauto dissenso, per dare l’idea di democrazia interna, ma i giochi sono sostanzialmente fatti.
Trent’anni fa metodi simili erano definiti stalinisti e largamente stigmatizzati dalla pubblica opinione; oggi sono apprezzati dalla “ggente”, che, al contrario, mal digerisce i lunghi dibattiti interni al PD.
“Prima l’era trop bunura, dess lè trop tardi”.
Il Partito deve educare i suoi membri sulle questioni della democrazia, affinché essi comprendano che cos’è la vita democratica, quali sono i rapporti tra la democrazia e il centralismo, e come si pratica il centralismo democratico. Soltanto cosf potremo estendere realmente la democrazia in seno al Partito, pur evitando l’ultrademocraticismo e quel lasciar perdere che distrugge la disciplina.
“Il ruolo del Partito comunista cinese nella guerra nazionale” (ottobre 1938), Opere scelte di Mao Tse-tung, vol. II.