Non è un fenomeno nuovo, ma mi pare si siano recentemente moltiplicati corsi, lezioni, manuali, per affrontare quasi tutti gli aspetti della vita.
Ne proverò una sintetica classificazione, a costo di finire come quella “certa enciclopedia cinese” di Borges.
a) professionali e per il tempo libero
b) su supporti diversi: libri, DVD, o de visu
c) di breve o lunga durata
d) comportamentali, di impronta americana: come avere successo, conquistare tante donne (o uomini), avere fiducia in se stessi, etc.
In generale credo che molti di questi corsi e manuali distillino banalità, nozioni acquisibili con un minimo di senso comune: la loro frequentazione potrebbe essere classificata come consumistica. Non credo che ciò spieghi del tutto il fenomeno; provo ad elencarne alcune ulteriori cause, che, per un irrinunciabile desiderio di sintesi, metterò in relazione con altrettante tendenze della società contemporanea.
1) Nella società “liquida” o polverizzata, si è spezzata la catena relazionale (familiare o amicale) di trasmissione dei saperi, come conseguenza del generale allentamento dei legami sociali. La mamma non insegna più a cucinare, il nonno a coltivare l’orto, l’amico a utilizzare il computer. Aggiungo che l’introduzione di discipline non autoctone (eteroctone?) – che so: ikebana, taekwondo, danza del ventre – rende impossibile tale trasmissione.
2) Si è molto accorciato il tempo che ognuno di noi si concede per imparare in modo esperienziale una qualunque attività. Questa causa è a sua volta legata alla concezione del tempo della società “surmoderna”, concentrata unicamente sul presente.
3) Come ha sostenuto André Gorz, il riflesso condizionato della nostra società, di monetizzare e professionalizzare le attività normalmente di autoproduzione e autoservizio, ha reso l’uomo incapace di badare a se stesso, riducendone l’autonomia esistenziale. Manca in molti la capacità di rapportarsi con le cose o con se stessi, per costruire l’esperienza indispensabile a cucire un bottone, piastrellare un pavimento, parlare in pubblico o superare un trauma psicologico.
4) Viviamo nell’epoca della tecnica e molte attività, professionali e non, ne sono pervase. Ecco che diviene quasi impossibile, per la complessità tecnica, imparare il tango argentino o la salsa (intesa come ballo) da autodidatti, quando i nostri genitori si divertivano a ballare polka, mazurca e valzer conoscendo solo un paio di passi per ogni danza. Anche perché la tecnica e la tecnologia sono diventate un fine, sono un valore per sé, e fanno dunque premio su ogni altro obiettivo.
Azzardo una conclusione, che sintetizzi e chiarisca l’analisi precedente: credo che gli uomini della seconda metà del XX secolo si siano trovati a fronteggiare una rivoluzione culturale, passando da una società basata sul lavoro manuale e su (poche) competenze diffuse, a una nuova, con una forte divisione del lavoro e delle (molte) competenze tecniche, in cui la manualità ha assunto un’importanza marginale. Una società in cui la storia professionale e di consumo garantisce a ognuno una conoscenza molto parcellizzata della realtà e di conseguenza un limitato uso di mondo.
Parafrasando Umberto Galimberti: per imparare una tecnica occorrono alcuni mesi, ma bisogna reiterare l’apprendimento per ogni nuova disciplina; conquistare gli strumenti per interpretare la realtà è molto più lungo e faticoso, ma suggerisce approcci manuali e mentali adatti a ogni cimento del vivere.