Il fascino dell’argomento del giorno è grande, soprattutto per quanto riguarda la recente (15 gennaio 2011) proposta dei Verdi tedeschi di una tassa sui patrimoni.
A mò di introduzione, riassumiamo le puntate precedenti della telenovela della crisi che ormai da due anni occupa giustamente quasi completamente la nostra attenzione. A seguito delle perturbazioni sui mercati finanziari dell’ottobre 2008, sono stati salvati dal fallimento certo tre stati (Islanda, Irlanda, Grecia) già membri fondatori 60 anni fa dell’OCSE-OECD, quello che che pensavamo fosse il club esclusivo dei paesi ricchi. Il collasso in tutti e tre i casi ha seguito lo stesso copione: le banche rischiano di saltare, lo stato le salva ergo lo stato rischia di saltare e viene salvato da IMF, banca centrale europea e quant’altro, a patto che assicuri la demolizione del welfare state, la riforma delle pensioni e martelli i redditi nell’impiego pubblico. Altri stati di primo piano hanno assorbito il colpo salvando alcune tra le loro banche più importanti come le Caixe in Spagna, Northern Rock e RBS in UK, le banche rurali in Germania… nel frattempo si prepara al botto il Portogallo, e per Spagna e Italia siamo ancora in forse.
Il riassunto dei riassunti: in nessun caso è stata fatta fallire una banca europea, quindi si sono tutelati al massimo i rentiers; il costo invece lo sosterranno le categorie più deboli. È evidente che c’è qualcosa di perverso in questo meccanismo, quindi la tassa patrimoniale sembra il giusto contrappasso.
Riportiamo ora direttamente dalla fonte e senza commenti i punti chiave della proposta dei Verdi tedeschi:
… Nessuno può stimare in modo attendibile quanto sarà alto il costo finale della crisi per il conrtribuente. Il FMI ha recentemente stimato in 115 miliardi di euro il costo per la Germania [NdR: sono 1300 € a testa per ogni cittadino della Repubblica Federale, compresi lattanti e ottuagenari]… Gli altri partiti non hanno finora dato alcuna risposta alla domanda di chi paga per la crisi. Noi Verdi, invece, diamo una risposta equa a questa domanda. … Con una tassa sulla proprietà una tantum e temporanea, vogliamo far sì che siano i più ricchi nel nostro paese a finanziare il costo della crisi. Attraverso i salvataggi, gli scudi protettivi e le garanzie, sono stati infatti soprattutto i grandi patrimoni a essere protetti. Negli ultimi anni, i grandi patrimoni sono aumentati in modo significativo, mentre i redditi dei lavoratori diminuivano in termini reali, in molti casi. … In una società solidale chi ha le spalle forti deve portare più di chi è debole. …
Il gruppo dei Verdi al Parlamento federale ha incaricato l’Istituto Redesco di Ricerca Economica (Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung – DIW) di realizzare uno studio empirico sugli effetti sui redditi e la loro redistribuzione di diverse varianti di una tassa di proprietà. L’obiettivo era di scoprire come un prelievo dovrebbe essere progettato in modo che soddisfi i seguenti obiettivi:
- La durata della tassa di proprietà sarà di 10 anni.
- I patrimoni sono tassati per la loro consistenza al 1 gennaio 2010, per limitare gli effetti diretti sulle attuali decisioni economiche.
- L’incasso sarà pari a 100 miliardi di euro per l’intero periodo (come valore attuale).
- Sono concesse alte esenzioni pro capite per i figli e compensazioni per le spese in modo da caricare meno dell’1 % dei tedeschi più ricchi.
- Un’effetto di tassazione sul capitale delle aziende è impedito limitando l’onere fiscale annuale al 35% dei profitti. Chi non fa profitti, non paga tasse.
- L’incasso dovrebbe essere vincolato a coprire i costi della crisi finanziaria e bancaria. Se i costi sono inferiori a 100 miliardi di euro, o se l’obiettivo di raccolta è raggiunto prima della scadenza di 10 anni, la durata del rimborso fiscale può essere ridotta e quanto versato in eccesso restituito.
Soglie e contribuenti
Nella patrimoniale verde è previsto di assoggettare le persone fisiche, che hanno un patrimonio netto (attività meno passività) pro capite che supera la soglia di un milione di euro. Per i bambini è prevista una soglia ulteriore di 250.000 euro, che si ripartisce a metà sui genitori. Queste soglie diminuiscono in modo progressivo al crescere del patrimonio, in modo che chi ha patrimoni veramente elevati non ne benefici. Nella nostra versione della soglia progressivamente decrescente, una coppia con un patrimonio netto equamente distribuito e due figli gode di una esenzione per un totale di 2,5 milioni di euro. Se il loro patrimonio supera tale importo, l’esenzione comincia a scendere. Oltre un patrimonio netto di 5 milioni di euro l’esenzione sparisce completamente in questo esempio.
Per le aziende c’è un esenzione speciale più alta per ogni azienda (non per ogni azionista). Quest’esenzione non è decrescente ed è stata ipotizzata secondo due scenari in due milioni di euro oppure in cinque milioni di euro. Inoltre è previsto di limitare il massimo importo annuale da pagare in modo che sia inferiore al 35% del profitto; se lo supera, l’eccesso viene spostato nell’esercizio successivo. Questo limite del 35% del profitto vale per ogni anno. Questo farà sì che in ogni caso almeno il 65% del profitto non sarà intaccato dall’imposta patrimoniale. Qualora con questo procedimento, al termine del periodo di prelievo di 10 anni rimanesse un debito di imposta, verrebbe abbuonato. In questo modo si previene una tassazione del capitale se ci dovesse essere una crisi. In tutte le simulazioni si è visto che questa limitazione entra in atto solo se le attività commerciali sono state sopravvalutate. Questo si verifica solo se un’azienda in effetti non proprio redditizia viene stimata come molto redditizia nella valutazione iniziale del patrimonio.
Le soglie sono congegnate in modo da assicurare che in realtà solo le persone molto ricche vengano tassate. Secondo il DIW, si tratterebbe di 330.000-340.000 persone. Ciò rappresenta meno dello 0,5% della popolazione tedesca. Dal punto di vista verde un carico speciale su questo gruppo di persone è giustificato dal fatto che è l’1% più ricco a possedere più del 20% del totale delle attività. Soprattutto i patrimoni molto elevati sono cresciuti rapidamente negli ultimi anni.
Aliquota e costi burocratici
Con questi parametri, secondo i calcoli del DIW l’aliquota fiscale annuale necessaria per raccogliere in 10 anni la cifra serve è del 1,36% se la franchigia per i patrimoni aziendali è di due milioni di euro, e del 1,49% se è di cinque milioni di euro…
Gli oppositori della tassazione della proprietà, spesso citano i costi amministrativi presumibilmente enormi che risulterebbero dall’acquisizione dei dati sui patrimoni. Il DIW mostra chiaramente che questo non è vero per la patrimoniale verde. L’onere totale per la raccolta dell’imposta è stimato dal DIW tra 6,5-7,5% delle entrate…
Questo è finalmente un esempio di azione politica, intesa alla redistribuzione dei redditi; anche se qualcuno potrebbe sostenere che si tratti di un intervento volto a correggere una precedente azione politica, di segno opposto. In ogni caso, ben venga la politica, che riequilibri un mercato sempre più iniquo.
Questo potrebbe essere il momento di riproporre la Tobin tax sulle transazioni finanziarie, ma occorrerebbe un accordo molto vasto a livello internazionale: in questo caso la politica poco potrebbe contro gli interessi economici.
In mezzo al rumore di fondo, il tema della tassa patrimoniale comincia ad emergere, debitamente deformato dagli specchi della propaganda.
Il brivido corre sul filo della soglia usata per definire l’esenzione.
Ai due estremi, troviamo Francesco Forte che sul Foglio di ieri insinua: “Si argomenta che mentre il patrimonio degli italiani, al netto dei loro debiti, è di circa 11 mila miliardi, ovvero 185 mila euro pro capite, l’80 per cento di questa cifra, 9 mila miliardi, appartiene a quel terzo di cittadini più abbienti che hanno 450 mila euro ciascuno.”
Invece Paolo Ferrero sul suo blog afferma: “La Banca d’Italia dice che il 45% della ricchezza è in mano al 10% delle famiglie – osserva Ferrero – Una vergogna! Per questo proponiamo una tassa patrimoniale, per far pagare i ricchi, coloro la cui ricchezza è all’origine della crisi“.
In democrazia, la logica dice che dovrebbe essere facile applicare una tassa su una minoranza di ricchi col i voti di una maggioranza di meno ricchi. L’arte di camminare sulle corna degli altri (Rif. Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia) consiste per l’appunto nello spaventare i mediamente ricchi e i poveri che vorrebbero essere più ricchi, per permettere ai ricconi di scampare il pericolo.