Se ben che siamo donne…
…da ragazzina — un secolo fa – posavo a femminista, del tipo storico, duro, irriducibile , arrabbiato, esaltato, un amico mi aveva passato “L’eunuco femmina” di Germaine Greer e ne leggevo passi a mia madre che un po’ fingeva di ascoltarmi, un po’ mi compativa, talvolta inveiva che le sembravo una pazza.
Comunque già allora manifestavo anche un’ inclinazione all’individualismo se non al solipsismo, qualcuno che mi conosce azzarda il termine ‘autismo’…
Lo dico per mettere in guardia chi mi legga, non sono propriamente rappresentativa del genere, quello femminile, intendo, lascio in sospeso il dubbio sull’appartenenza a quello ‘umano’.
Il fatto è che fin da quei tempi il senso e le modalità del collettivo, allora imperante, mi vedevano sospettosa, a disagio, soprattutto del collettivo femminista, o femminile tout court ( in tutte le declinazioni e varianti socio-cultural-ideologiche dai circoli del té e del ricamo alle adunanze politiche…).
Quello stesso disagio è riaffiorato durante il recente incontro di femmine, pardon, donne, promosso da esponenti del PD locale ma esteso a tutte le esponenti del ‘genere’ (sic) che volessero prendervi parte.
Non che non ne condividessi motivazioni ragioni e moventi…indignazione e mortificazione della donna e della sua immagine sono state ben ‘provocate’ dai fatti e misfatti che tutti sappiamo…
Come è indiscutibile che la donna appare parte lesa, quella maggiormente lesa almeno…
Ma non sempre o non del tutto incolpevole, non del tutto al di sopra di ogni sospetto.
Se degrado morale e sporcizia (ooddio, la metafora moralista…) si riscontrano nel mondo, nella società, ad essa han contribuito uomini e donne con assolutamente pari opportunità… e inclinazioni… è un problema non solo di genere, semmai di tutto il genere umano.
Gramellini sulla Stampa ha ben detto: ” In fondo domenica scenderò in piazza un po’ anche contro me stesso.”, io , noi donne, potremmo dire altrettanto bene: “Scenderemo in piazza un po’ anche contro noi stesse…”
Per questo il disagio, la perplessità, a trovarmi nel gineceo delle indignate e offese, disagio e perplessità mescolati a condivisione per le ragioni, sacrosante, della protesta.
Può essere di qualche interesse, per le questioni che più o meno consapevolmente si affrontavano e serpeggiavano, raccontare come si è svolto l’incontro, a partire dalla bella e visionaria proposta di Francesca Tini Brunozzi di sdipanare un filo di lana per le vie della città, magari annodando il primo capo al dito della mondina di piazzale Kennedy, filo cui i cittadini sarebbero stati invitati ad appendere pensieri, idee, progetti, magari invettive…
Bellissima ma poco praticabile questa riedizione del filo di Arianna, anche per ragioni di ordine pubblico e sicurezza…non voglio pensare a quanti vecchietti o semplicemente distratti come la sottoscritta avrebbero potuto impigliarvisi… Insomma, “si ben che siamo donne e paura non abbiamo”, non abbiam nemmeno voluto rischiare…
Per questo l’idea è stata convertita in una versione più easy, quella di tirare un filo intorno a Piazza Cavour ove appendere i messaggi… la soluzione di utilizzare mollette per i panni avanzata da una signora ha fatto scattare in me l’ispirazione, l’idea del bucato metaforico, della pulizia etica e mi è uscito lo slogan, quello nostro, con cui accompagnare il SE NON ORA, QUANDO? del messaggio nazionale: ‘STENDIAMO’ IN PIAZZA ( CAVOUR ) I NOSTRI PENSIERI…
Messaggio dunque fin troppo femminilmente connotato, da parte di chi più voleva dissociarsi dalla connotazione di genere…
Senza contare che l’idea di Francesca della mondina, credo lei volesse dare una riconoscibilità ed emblematicità locale all’operazione, mi aveva già fatto pensare alla potenzialità metaforica insita nel lavoro di chi ‘monda’, separa il buono dal cattivo, pulisce insomma…ma già, sempre di femmina si sarebbe trattato…
Altre questioni si intrecciavano nel dibattito-battibecco di cui noi donne siam maestre, come l’altra metà del cielo, anzi della terra, dai, ammettimolo siam ben più terricoli che cielicoli… è pronta a riconoscere ( ma ci stanno raggiungendo, oh se ci raggiungono…) se cioè fosse più opportuno dare una testimonianza in loco o recarsi alle sfilatone delle capitali, se dare una più o meno forte connotazione locale all’operazione, se chiamarla, questa operazione, ‘manifestazione’, ‘dimostrazione’ o ‘protesta’ o che altro… ‘testimonianza’ magari? E poi come agire ? … corteo? (troppo compromesso con azioni e movimentAZIONI ideologiche di non remota memoria?)… adunanza? (uh Signùr!) … lettura pubblica? (come farli scappare tutti…) e poi… con cartelli mobili o gazebo più o meno stabili? Questioni di lingua e di stile non peregrine, alle fine, se pur un po’ comicamente e pateticamente dibattute…
Alla fine le donne se hanno una qualità – perché l’hanno esercitata, l’han dovuta esercitare, da secoli – è che son pratiche e la soluzione del ‘bucato’ mi sembra lo dimostri… semplice, ‘pulito’… (eh…eh… ) l’importante, è che i panni, ben lavati, siano stesi ed e…stesi a tutti, uomini, donne e quanti altri generi si riconoscano entro un’ umanità inte(g)ra.
VERCELLI, 11febbraio 2011 Annalisa Bendelli