Con tutto il male che se ne può dire, la democrazia è meglio averla che non averla. Chi non ce l’ha a volte scende persino in strada per averla; invece chi ce l’ha a volte se la gioca alle corse dei cavalli, e la perde.
La voce “democrazia” del dizionario filosofico calomelanico è molto difficile da scrivere per due motivi. Primo, perché è difficile parlarne nel presente senza farsi distrarre, per quanto riguarda le notizie dall’interno, dalla “naturale dialettica delle posizioni faziosamente contrapposte” cioè in italiano comprensibile: l’insopportabile baccano dei talk show, i linciaggi mediatici, i probabili artifici giudiziari per segare le gambe all’avversario, i discorsi da bar; e per quanto riguarda le notizie dall’estero, dagli entusiasmi del momento, dalle nostalgie di ipotetici dittatori buoni, dalla retorica e soprattutto dagli interessi economici e strategici. Secondo, perché nell’era moderna, democrazia significa anche controllo delle masse, quindi l’opinione dell’individuo è una fragile canna esposta al vento possente della propaganda e del marketing.
Detto questo, cerchiamo di schivare i trabocchetti e proponiamo una riflessione sui fallimenti della democrazia, sotto forma di un elenco arbitrario e quasi casuale di personaggi che sono ascesi al potere con mezzi democratici, ma che poi hanno deluso alcuni contemporanei e in alcuni casi hanno addirittura su di loro condanne definitive:
- Adolf Hitler, condannato in via definitiva dalla storia, ma che all’inizio ha raccolto i consensi di persone molto valide;
- Salvatore Cuffaro, che ha su di sé la condanna definitiva della giustizia; che però non è la stessa cosa della storia, infatti secondo certuni è solo la punta dell’iceberg, forse un capro espiatorio o più semplicemente un fesso che si è fatto beccare, in un’intera regione dove vince un unico partito con maggioranze bulgare che fanno pensare male, malissimo;
- Il nostro Caro, innominabile Leader, di cui non vogliamo parlare, ma che secondo alcuni cinici è solo una controfigura che impersona le contraddizioni di un intero paese, come nella commedia dell’arte;
- Recep Tayyip Erdoğan, eletto contro il volere delle forze laiche, e con corale irrigidimento di schiene nella sede della NATO a Bruxelles, ma che magari è il De Gasperi della Turchia, e il suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, partito islamista moderato equivalente della Democrazia Cristiana nel traghettare il paese verso lo sviluppo economico e sociale;
- Chadli Bendjedid, leader del Fronte di Salvezza Islamico algerino democraticamente eletto nel 1991 e poi subito defenestrato dall’esercito in quanto inaccettabile, creando così le premesse per una guerra civile decennale.
Dunque il voto democratico può portare al potere persone che secondo i benpensanti, o secondo i giudici che dieci anni dopo rovistano nei cassetti, o secondo gli storici che cent’anni dopo vengono a interpretare gli eventi, sono sbagliate.
Alle volte i benpensanti si sono clamorosamente sbagliati, e avevano ragione le masse. Altre volte le masse sono contagiate dal virus dell’estremismo religioso (nel caso dell’Algeria di vent’anni fa) o dal cancro della criminalità organizzata (nel caso di Cuffaro), ma andare contro queste forze così maggioritarie può generare la guerra civile o se va bene la farsa – si rimanda al post fantapolitico “Febbraio 2021, reportage dal fronte della guerra alla mafia” (dove si immagina che la comunità internazionale scenda in campo militarmente contro i mafiosi e i mafiosi democraticamente eletti in Sicilia e in Calabria).
I giudici fan quello che possono, però suvvia sono uomini e donne anche loro ! E devono sbrigarsi, che sennò scadono i termini della prescrizione e già incalza la prossima udienza !
Infine neanche gli storici son dei santi, se è vero che la storia la scrivono i vincitori. Non invidiamo quelli che si ritengono benpensanti e che sono condannati a vivere nel presente, che non possono aspettare i giudici e nemmeno gli storici, ma devono decidere adesso e mettersi in gioco per influenzare gli eventi come possono.
Quanto a noi, che siamo filosofi, adesso pigiamo sul bottone “Pubblica” poi con un sorriso sprezzante richiudiamo dietro di noi la porta della torre d’avorio.
Con tutto il male che se ne può dire, la democrazia è meglio averla che non averla. Chi non ce l’ha a volte scende persino in strada per averla; invece chi ce l’ha a volte se la gioca alle corse dei cavalli, e la perde.
La voce “democrazia” del dizionario filosofico calomelanico è molto difficile da scrivere per due motivi. Primo, perché è difficile parlarne nel presente senza farsi contaminare, per quanto riguarda le notizie dall’interno, dalla “naturale dialettica delle posizioni faziosamente contrapposte” cioè in italiano comprensibile: l’insopportabile baccano dei talk show, i linciaggi mediatici, i probabili artifici giudiziari per segare le gambe all’avversario, i discorsi da bar; e per quanto riguarda le notizie dall’estero, dagli entusiasmi del momento, dalle nostalgie di ipotetici dittatori buoni, dalla retorica e soprattutto dagli interessi economici e strategici. Secondo, perché nell’era moderna, democrazia significa anche controllo delle masse, quindi l’opinione dell’individuo è una fragile canna esposta al vento possente della propaganda e del marketing.
Detto questo, cerchiamo di schivare i trabocchetti e proponiamo una riflessione sui fallimenti della democrazia, sotto forma di un elenco arbitrario e quasi casuale di personaggi che sono ascesi al potere con mezzi democratici, ma che poi hanno deluso alcuni contemporanei e in alcuni casi hanno addirittura su di loro condanne definitive:
-
Adolf Hitler, condannato in via definitiva dalla storia, ma che all’inizio ha raccolto i consensi di persone molto valide;
-
Salvatore Cuffaro, che ha su di sé la condanna definitiva della giustizia; che però non è la stessa cosa della storia, infatti secondo certuni è solo la punta dell’iceberg, forse un capro espiatorio o più semplicemente un fesso che si è fatto beccare, in un’intera regione dove vince un unico partito con maggioranze bulgare che fanno pensare male, malissimo;
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Il nostro Caro Leader, di cui non vogliamo parlare, ma che secondo alcuni cinici è solo una controfigura che impersona le contraddizioni di un intero paese, come nella commedia dell’arte;
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Recep Tayyip Erdoğan, eletto contro il volere delle forze laiche, e con corale irrigidimento di schiene nella sede della NATO a Bruxelles, ma che magari è il De Gasperi della Turchia, e il suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, partito islamista moderato equivalente della Democrazia Cristiana nel traghettare il paese verso lo sviluppo economico e sociale;
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Chadli Bendjedid, leader del Fronte di Salvezza Islamico algerino democraticamente eletto nel 1991 e poi subito defenestrato dall’esercito in quanto inaccettabile, creando così le premesse per una guerra civile decennale.
Dunque il voto democratico può portare al potere persone che secondo i benpensanti, o secondo i giudici che dieci anni dopo rovistano nei cassetti, o secondo gli storici che cent’anni dopo vengono a interpretare gli eventi, sono sbagliate.
Alle volte i benpensanti si sono clamorosamente sbagliati, e avevano ragione le masse. Altre volte le masse sono contagiate dal virus dell’estremismo religioso (nel caso dell’Algeria di vent’anni fa) o dal cancro della criminalità organizzata (nel caso di Cuffaro), ma andare contro queste forze così maggioritarie può generare la guerra civile o se va bene la farsa – si rimanda al post fantapolitico “Febbraio 2021, reportage dal fronte della guerra alla mafia” (dove si immagina che la comunità internazionale scenda in campo militarmente contro i mafiosi e i mafiosi democraticamente eletti in Sicilia e in Calabria).
Infine neanche gli storici son dei santi, se è vero che la storia la scrivono i vincitori. Non invidiamo quelli che si ritengono benpensanti e che sono condannati a vivere nel presente, che non possono aspettare i giudici e nemmeno gli storici, ma devono decidere adesso e mettersi in gioco per influenzare gli eventi come possono.
Quanto a noi, che siamo filosofi, adesso pigiamo sul bottone “Pubblica” poi con un sorriso sprezzante richiudiamo la porta della nostra torre d’avorio.
Ho nella penna un’obiezione molto scorretta, su uno dei principi cardine della democrazia: “one man-one vote”. Non la farò; non si può fare. Dirò solo che questo principio è di importanza capitale nelle società di classe, molto stratificate socialmente. Per esempio, in India ha permesso alla “regina dei dalit”, Kumari Mayawati, di arrivare alla carica di primo ministro dell’Uttar Pradesh. Ma nelle società di massa, ove il voto è spesso influenzato dal populismo mediatico ? Vorrei dire, ma non lo farò, che si potrebbe subordinare la concessione della tessera elettorale alla risposta ad alcuni semplici quesiti. Cosa recita la Costituzione in materia di libertà religiosa ? Qual è la funzione della Corte Costituzionale ? Qual è la funzione del Capo dello Stato ? Non si può: ma ve lo immaginate. No, cancella. NOOO, non fare “Submit” ! NOOOOOOOOO.