S…PIAZZA…MENTI RIM…PIAZZA…MENTI

La piazza è davvero un bel ‘tema’, nel senso lato di argomento ma anche nel senso tecnico di ‘segno’ costitutivo e riconosciuto della città…

Anche se Marco Romano, nella sua “Estetica della città” – dove conia e usa il termine in questa seconda accezione – sostiene che il ‘tema’ spaziale della piazza, i cui precedenti cospicui (le agorà greche, i fori romani, i cortili delle moschee, i chiostri…) farebbero pensare a un archetipo costante, scompaia in Europa già verso il VI secolo…

Al più si rintraccerebbero slarghi, spazi angusti, come la curtis nel Duecento, non ancora consolidata in una vera e propria piazza, piuttosto uno spazio, delimitato inizialmente da un muro, al cui interno si trova un complesso religioso o il complesso dei palazzi civici.

Mano a mano che al muro si sostituiscano case private prenderebbe corpo il tipo familiare di piazza.

Ma il tema prevalente resterebbe per tutto il secolo una strada principale, a volte allargata.

Un’arteria più che un cuore, sembrerebbe, nelle nostre città, originariamente…un vaso sanguigno senza centro di circolazione, flusso senza pompa…

Un po’ come, mantenendo la metafora, la circolazione sanguigna degli esseri viventi meno evoluti… solo attraverso vasi, senza un centro propulsore, muscolo-pompa morfologicamente e fisiologicamente delineato e individuabile.

Vercelli ha una bella piazza, piazza Cavour, proprio nel centro.

Che funziona come un cuore, piccolo cuore, della città.

Della piazza ha le funzioni tradizionali, ospita il mercato settimanale, vi convergono le vie disposte intorno un po’ a raggiera, un po’ come il filo di un gomitolo che si avviluppa e sdipana intorno.

Alla città sembra imprimere il caratteristico ritmo, piccolo battito, lento e sonnolento, un poco asfittico, come un cuoricino appunto.

Ricorda un chiostro slargato (del chiostro ha la natura di spazio insieme chiuso e aperto, apertura interna, riparata… ), vi si affacciano i negozi, i locali pubblici, la gente vi arriva e la attraversa, vi indugia, si incontra, se ne va via… il monumento posto al centro è un meta, un perno…

Sembrerebbe così da secoli, da sempre, come per tante piazze delle nostre città e paesi, luoghi deputati della vita associata, dell’urbanità.

Quando, alcuni anni fa, per un intervento di restyling e ripristino della pavimentazione (molto discusso all’epoca ma alla prova del poi azzeccato… nel pieno delle polemiche, a lavori non ancora ultimati, un amico che si definiva ‘bastian contrario’ ne aveva felicemente e acutamente visto i pregi e previsto la buona riuscita funzionale ed estetica…), la piazza è stata transennata e chiusa al passaggio, la sensazione era proprio quella di un intervento a cuore aperto, la circolazione deviata sotto i portici, il flusso rallentato e ostacolato, le transenne intorno come punti di sutura…
Lo ricordo – io vivo in una soffitta che guarda di sguincio la piazza – come un periodo triste, una sospensione, un’ epochè.

La vita sembrava artificialmente interrotta, per lo meno rallentata, raggiungere i luoghi, le persone, era davvero difficoltoso, si guardava attraverso le transenne come attraverso sbarre di una prigione…

E poi ricordo quando, alla fine dei lavori, i cartelli annunciavano la riapertura della piazza e il farmacista della farmacia sotto i portici, senza aspettare il termine indicato dall’amministrazione per la rimozione, aveva per primo spostato una delle transenne ed era entrato nello spazio ancora vuoto occupandolo per primo, subito seguito dai passanti.

La piazza si era riempita in un momento, come in un processo osmotico, in modo abnorme, come un flusso incontenibile, uno sbocco di pressione anomalo, un travaso…che poi lentamente si era normalizzato, riassorbito, con la ripresa del ritmo da mesi interrotto… riprendeva la diastole-sistole della vita consueta negli spazi consueti del vivere.

Ho impressa nella memoria la suggestione particolare del fenomeno, in cui si sovrapponevano e mescolavano le due nature, fisiologica e ideologica, di ogni manifestazione umana: perché il travaso meccanico aveva contemporaneamente il sapore di un’occupazione volontaria, anzi una ri-occupazione, la folla che invadeva silenziosa la piazza e la gremiva come mai prima e mai più aveva un movimento quasi epico, come, mi figuravo, nei giorni della liberazione dopo una guerra, un’occupazione straniera, un’ oppressione…

1 thought on “S…PIAZZA…MENTI RIM…PIAZZA…MENTI

  1. Era l’estate di molti anni fa e mi trovavo per lavoro a Sassari; terminato il mio impegno quotidiano, stavo passeggiando in cerca di un ristorante, essendo l’ora di cena, secondo il fuso orario lombardo. Passando accanto alla Piazza d’Italia, la vidi affollarsi viepiù, quasi all’improvviso, fino alla saturazione. Si erano formati diversi capannelli, tutti dediti alla conversazione. Incuriosito, e un poco allarmato, domandai cosa stesse accadendo. Nulla: era la consueta adunata pomeridiana, per il piacere di incontrarsi e chiacchierare, la giustificazione plastica dell’uso metonimico del termine “piazza”. Nel giro di una mezz’ora, come si era riempita, la piazza si svuotò. Tutti a cena: i sassaresi, a casa; io, al ristorante.

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