In questi anni/mesi è in via di definizione una direttiva europea sul diritto d’autore, non sembra che stia venendo molto bene, ma non è di questo che vorrei parlare (rimando a chi ne sa di più).
Vorrei parlare di principi alti.
C’è molta confusione, in particolare due punti:
- Si traduce la parola inglese copyright con diritto d’autore, ma non funziona perché il primo diritto parte dall’idea pragmatica di decidere chi può riprodurre l’opera, il secondo nasce dai diritti umani fondamentali tra cui quello di veder riconosciuto il merito (e i benefici che ne derivano) di aver creato un’opera. Il primo nasce dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili per difendersi dalle copie indiscriminate, il secondo ha la sua radice nell’umanesimo illuminista.
- Ci sono in giro ancora molti struzzi che fanno finta di non vedere che la digitalizzazione (quasi) azzera i costi di riproduzione, immagazzinamento e trasmissione dell’informazione quindi il problema della copia e del copyright non esiste più ! La copia è possibile quindi verrà fatta, indiscriminata e fuori controllo !
Non perdiamo più tempo con la parola copyright quindi: il copyright è MORTO.
Parliamo piuttosto di diritto d’autore.
Ma prima di vedere come proteggere l’autore, vediamo quali sono gli obiettivi della comunità nel suo complesso, e come si possono proteggere in pratica.
Io vedo tre priorità per la comunità:
- archiviazione: vogliamo che le opere (giornalismo, letteratura, immagini …) possano essere conservate per la posterità, a beneficio degli storici, degli studiosi e delle generazioni future
- decentralizzazione: questi archivi devono essere decentrati in modo che siano ridondanti, resilienti e non controllati da un’unica entità centrale
- privacy: non deve essere obbligatorio rivelare la propria identità ad un’autorità centrale per accedere ad un’opera.
Partiamo da come trovare queste opere. Ad esempio un artista digitale crea un immagine (opera.jpeg) e la pubblica, noi come la troviamo ? Basta avere l’URI (Uniform Resource Identifier), oggi come oggi le URI sono tipicamente degli indirizzi web, qualcosa tipo:
http://galleriapincopallo.it/artista/opera.jpeg
Questo indirizzo dà una collocazione all’opera, dice che per poterla copiare (!) dobbiamo rivolgerci alla galleria Pinco Pallo (che probabilmente ha stretto un accordo con l’autore al riguardo).
Tuttavia questo non va bene, non risponde alle due richieste imprescindibili di archiviazione, decentralizzazione. Infatti solo la galleria Pinco Pallo ha la copia “originale”, se noi in quanto archivisti la copiamo, la nostra copia “non vale”.
E cosa succede se la galleria fallisce o viene acquisita dalla Evil Galleries LLC ? Spesso il link cessa di funzionare, e si ha il link rot.
Un problema aggiuntivo è che molte URI diverse possono riferirsi alla stessa cosa, ad esempio queste due si riferiscono allo stesso articolo uscito ieri su Rep:
https://rep.repubblica.it/ws/detail/generale/2018/04/24/news/microplastica_a_colazione-194736612/ https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2018/04/24/news/microplastica_a_colazione-194736612/
Come spesso capita, diamo per scontate molte cose, in questo caso diamo per scontato che gli indirizzi web siano l’unico modo di definire l’indirizzo di un oggetto digitale.
In realtà esiste un altro modo, che si chiama content addressing; sono delle URI fatte in modo leggermente diverso, che identificano l’oggetto ma non dicono dove si trovi.
L’oggetto può trovarsi in molti posti, e c’è un sistema informatico che ti può aiutare a trovarlo.
Sembra esoterico, in realtà se avete scaricato con bittorrent ne avete già fatto uso, perché su quella rete peer-to-peer sono molto comuni i link magnet, che sono proprio un tipo di content addressing.
Ad esempio questo link:
magnet:?xt=urn:btih:9C15BDA7460F734416B3B638C43F8CDC07474487&dn=Report.Rai.23.04.2018.mkv
vi permette di ottenere una copia della puntata del 23/04/2018 di Report Rai (La Flat Tax dei miracoli), che tra l’altro è una copia illecita.
Il modo “ufficiale” e “legale” per vederla è sul sito raiplay a questo indirizzo URI “tradizionale”:
https://www.raiplay.it/video/2018/04/Report-24042018-c1a718a3-a21c-4fdc-b969-0d5dafad0876.html
che però mi mostra questa pagina niente affatto simpatica (mi chiede di rinunciare alla terza richiesta imprescindibile: privacy):
In conclusione, il content addressing permette di identificare in modo univoco un’opera digitale, in modo da esser certi che sia autentica, senza specificare dove si trova.
Quanto all’archiviazione, può essere delegata ad una rete di “biblioteche” o “mediateche” distribuita, con un architettura peer-to-peer, che potrebbe anche essere un sistema diverso da bittorrent, ad esempio IPFS.
Tutto ciò ci piace, e permette a noi in quanto comunità di non-autori di archiviare in modo decentrato tutte le opere che vengono prodotte.
Una volta chiarito questo punto, possiamo definire il problema.
Si tratta di trovare il modo di proteggere diritto d’autore, cioè di veder riconosciuto il merito (e i benefici che ne derivano) di aver creato l’opera, in un modo rispettoso della privacy di chi consulta, legge, guarda o ascolta le opere.
Questo è un problema aperto che lascio ai lettori come esercizio.