Una nuova cattiva notizia di carattere economico viene ad aggiungersi alle tante che si susseguono di giorno in giorno in Italia, imprese e stabilimenti che chiudono improvvisamente, lasciando migliaia di persone disoccupate. Di fronte alla perdita di lavoro dei dipendenti e ai problemi che ricadono su tutte le loro famiglie, si rimane così colpiti che non si riesce a guardare positivamente né all’immediato futuro, né in prospettiva ad un orizzonte più lontano.
Indipendentemente da tutte le rimostranze e i dibattiti politici che negli ultimi tempi si stanno concentrando sulle acciaierie di Taranto, quello che sembra emergere, da un punto di vista economico, è che l’acciaio è in crisi, in quanto se ne consuma sempre meno, per varie motivazioni.
Tenendo per buona questa amara constatazione, occorrerebbe far fronte freddamente e da un punto di vista staccato, alla problematica del settore, per tentare le vie di una possibile “riconversione industriale intelligente”, cambiando, anche drasticamente, paradigma.
A questo punto ecco una proposta che definirei “audace”, ma possibile.
Noi spendiamo molto per mandare la spazzatura all’estero, in luoghi anche molto lontani, per essere smaltita in impianti di termovalorizzazione; tra questi luoghi anche la Cina che non accetterà per sempre le migliaia di tonnellate di rifiuti plastici dall’Europa e quindi dall’Italia.
Quindi, visto che Taranto ha le infrastrutture adatte come ferrovie e porti etc. per fare da “collettore”, perché non investire nella area ex ILVA in un sistema integrato di compostaggio, riciclaggio e termovalorizzazione di rifiuti con impianti modernissimi ed all’avanguardia, “replicando” quelli di Giappone e Danimarca?
Il sito potrebbe quindi fungere da collettore per i rifiuti dell’Italia Centro Sud e non solo e si eviterebbero tutte le trasferte all’estero dei nostri rifiuti o i vergognosi misfatti che tutti abbiamo visto nella “Terra dei Fuochi” e più in generale in giro per l’Italia con gli incendi di vari capannoni di stoccaggio rifiuti.
In ogni modo le migliaia di tonnellate di immondizia sparsa in vari siti d’Italia in qualche modo prima o poi dovranno essere gestite e le aree bonificate.
Certo, occorre avere coraggio, determinazione, (in caso di necessità anche usare l’esercito per presidiare i siti), come occorrono tanti soldi per l’investimento iniziale (ma forse molti privati sarebbero interessati e si potrebbero anche emettere dei green bond). Dopo aver affrontato una difficile parte iniziale, col tempo si creerebbe un “circolo virtuoso” che potrebbe veramente riqualificare l’Italia agli occhi dell’Europa e del mondo, ottenendo nello stesso tempo, dal riciclaggio dei rifiuti, pulizia ed energia elettrica o acqua calda per diverse regioni.
Magari il sito potrebbe essere integrato in un parco per il recupero di batterie di auto elettriche esauste o di materiali nobili, da cui si potrebbero poi ricavare altre batterie.
So che questo va contro il pensiero di chi vuole una economia circolare “pura”, che sarebbe giusta in sé come idea, ma che in assoluto non potrà mai essere realizzata per il II principio della termodinamica, secondo cui non si possono fare lavorazioni senza scarti.
La soluzione potrebbe permettere di reimpiegare buona parte delle persone in esubero dalla Ex ILVA (anche se non tutte e non subito), ma in prospettiva si avrebbe un impiego forse anche superiore all’attuale come forza lavoro tra addetti diretti ed indiretti.
In definitiva, la zona non diventerebbe più inquinata di quanto già non sia, anzi subirebbe una riqualificazione notevole, naturalmente utilizzando le tecniche più moderne e all’avanguardia per il trasporto, lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti.
In poche parole, le idee e le possibilità per riqualificare e riconvertire certe aree si trovano, basta applicarle con proattiva determinazione e senza falsi pregiudizi, affrontando man mano le sfide che il mondo in continua evoluzione ci prospetta.