SLOW LEARNING

E’ certo che ordinare richiede pazienza, molta pazienza.

Poi la smetto con ‘sta storia dell’ordine, mi preme dire ancora questo, ovvio ma non altrettanto presente alle nostre coscienze, che non si può ordinare bene in modo veloce, è un lavoro lungo, che vuole attenzione, calma, tempo…pazienza infinita, umiltà…

Come è lungo, lento, ordinare la mente, le menti.

Tra le cose migliori del Diario di Muzzano di cui parlavo nel post “ORDINA…menti” c’è proprio l’elogio della lentezza.

Durante il suo viaggio pedagogico in Italia la maestra visita la scuola Umanitaria a Milano, retta col metodo Montessori, e si ferma a contemplare ammirata:

“I ragazzi disegnavano. Avevano avvicinati i tavolini a loro piacere e disegnavano in calma, in quiete. Parlavano, disegnavano, ma la loro voce era dolce e garbata: si muovevano, si alzavano, andavano in giro; eppure nessun disordine era nei loro movimenti e nel loro parlare; e il lavoro proseguiva.

Improvvisamente pensai: – Ecco la vera scuola: i ragazzi amano fare i loro lavori con lentezza, in pace: c’è in loro qualche cosa che ripugna alla fretta, alla voce aspra che rimprovera, all’incessante stimolo. I ragazzi amano le facce sorridenti, i discorsi calmi…”

Chi abbia una qualche esperienza delle aule di oggi, rumorose, scomposte, vocianti, di quel clima dispersivo e sovreccitato che solo con sforzi inumani – altro che ” voce aspra” – riesci a placare, rendere praticabile ( si ha paura, letteralmente, oggi, a far avvicinare i tavol…, pardon, i banchi, anche solo spostare una sedia, ai ragazzi, non è immaginabile la devastazione ambientale, acustica, che ne può derivare), potrà compenetrarsi nello struggimento che si prova a leggere quelle primonovecentesche righe.

Nostalgia di un’Arcadia, vagheggiamento di un’ Utopia? Quella meravigliosa lentezza, oggi, un lusso, peggio, uno spreco?

L’abbiamo dimenticata noi insegnanti, l’abbiamo soppiantata con una velocità che è fretta, anzi frettolosità, frenesia… così come nei ragazzi elogiamo spesso una prontezza, la chiamiamo ‘vivacità’, che è alla fine superficialità, impazienza, incapacità di fermarsi, soffermarsi quando non sia gesto di autoaffermazione sguaiata, violenta, ferina.

E poi inseguiamo programmi, performances, traguardi, esami, test…senza sapere bene a chi giovi, a che serva.

C’ è violenza e aggressività, in noi e in loro…competitività vacua, bruta, insipiente, altro che ‘collaborazione’, convivenza operosa…sarà che si è posato su di noi quello spirito biecamente aziendale cui ci invitano, demagogicamente e sciaguratamente cavalcando umori e malumori, facili e falsi miti di efficienza, modernizzazione e produttività, i furboni al potere?

Spesso sembra che vogliamo, noi e loro, anziché appropriarcene, far fuori delle cose, aggredirle per consumarle subito e sostituirle con altre… alla fine disfarcene, perché alla fine “non ce ne frega niente”.

Noi incalziamo i ragazzi e i ragazzi ci incalzano, si stancano presto di tutto, chiedono sempre altro, vogliono essere esauditi nelle loro curiosità, che sono tali, non veri interessi…dobbiamo intrattenerli, vogliono essere intrattenuti, già, questo siamo ormai, intrattenitori, altro che educatori.

La Boschetti Alberti , che individua nell’ “incessante stimolo” qualcosa di deleterio, ancor più che inutile,ci aveva visto, pre-visto, benissimo: “Io, che conoscevo l’interesse vero venire dall’interno delle anime, speciale ad ogni bambino, capivo che quella che io giungevo a suscitare era curiosità, non interesse; capivo che la mia perenne fatica somigliava a quella del ciarlatano che deve sempre cambiare di giuoco.”

E così cambia rotta, prende la sua strada, quella che ritiene giusta “per il bene della scuola” e si mette per prima cosa a far “lezioni di silenzio” ed “esercizi di grazia”per abituare gli alunni a far movimenti silenziosi e gentili, e creare — richiamando l”ambiente silenzioso’ del metodo Montessori — un ambiente favorevole alla libertà dell’individuo, un ordine come condizione sociale al libero espletamento della individualità e degli interessi veri:

“Ebbene, ora il programma era: ordine e libertà; la libertà che è rispetto ai diritti dell’individuo, e l’ordine che è rispetto ai diritti della comunità.” .

E così, più tardi, un lontano 20 ottobre (1919) potrà scrivere:

” …(i miei piccoli scolari) mi precedono verso la scuola, il loro volto non dimostra il benché minimo senso di noia (…) Montano i loro tavolini, scelgono il materiale per la loro lezione, e riprendono il lavoro dove l’avevano lasciato, con l’aria tranquilla e assorta. Un’aria di libertà, di benessere, di responsabilità regna nella classe. Il principio di autorità non si sente affatto gravare nella piccola repubblica infantile, armoniosa e felice (…) ”

Infischiandosene, pur con momenti di angoscia e cedimento, di programmi governativi, di ispettori perplessi, di insuccessi finali…ma perché la misurazione era fallace…come accade oggi…non si misura che il nulla, il finto…ma li avete mai visti i test INVALSI? Ma avete mai seguito un esame di stato? Niente altro che mortificanti operazioni di finzione, approssimazione, inutilità e , davvero, ‘spreco’, di carta, energia, tempo…

Ma lei era una grande, sapeva rischiare, andar contro gli schemi, le imposizioni, le inerzie, l’ottusità o la fallacia del sistema.

L’avessero, l’avessimo, ascoltata un po’ di più non avremmo forse allevato questa nuova barbarie tecnologicizzata e arrogante e soprattutto profondamente inetta rispetto al vero sapere e operare.

Io poi, con tutti i miei furori e propositi, non mi ribello alle stupide (quando non scorrette, nell’impostazione, sul piano logico e delle nozioni) prove INVALSI, mi adeguo agli esami demenziali della scuola italiana, non protesto, seguo programmi assurdi e datati solo apparentemente adeguati ai tempi e ai bisogni…

Tra l’altro, non ce l’ho fatta, non ho voluto correre il rischio, gli armadietti me li sono ordinati da sola, non l’ho fatto fare agli studenti… che sia servito almeno a ordinare un po’ di più la mia mente, per loro ho mancato un’altra buona occasione… non ho davvero la tempra di una Boschetti Alberti.

1 thought on “SLOW LEARNING

  1. Bella, accorata perorazione, e molto stimolante.
    Mi urge sottolineare tre spunti (purtroppo in modo veloce e superficiale, secondo lo zeitgeist).

    1) chi sono, oggi i barbari, secondo l’accezione di Baricco ? In ogni epoca di passaggio a un nuovo paradigma culturale si scontrano due concezioni, la vecchia e la nuova. Barbari sono i portatori del nuovo ordine, così ben descritto da Liz: velocità, competitività, superficialità ? Oppure imbarbariti sono coloro che restano abbarbicati al vecchio paradigma ? In fondo anche la musica di Mozart era considerata barbarica dai suoi contemporanei.

    2) l’ineluttabilità di questo passaggio culturale, dettato a mio parere più dalle condizioni esterne, economiche e tecniche, che non dallo sforzo degli educatori.
    “L’avessero, l’avessimo, ascoltata un po’ di più non avremmo forse allevato questa nuova barbarie tecnologicizzata e arrogante e soprattutto profondamente inetta rispetto al vero sapere e operare.” Temo non sia colpa degli educatori se le nuove generazioni stanno crescendo in questo modo.

    3) il rapporto delle nuove generazioni con le cose, gli oggetti, e quindi con l’ordine. Nella società dei consumi gli oggetti hanno scarso valore, devono deperire in fretta per essere sostituiti, e pertanto possono essere trascurati, trattati senza attenzione e ordine, e finire presto in discarica.
    U.S.A. e getta.

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